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La doppietta di Ascari e l'iride di Fangio
L'unico
pilota italiano ad aver vinto il mondiale piloti con la
Ferrari, e anche il primo a portarlo alla casa di Maranello, è stato Alberto
Ascari. L'impresa gli riuscì addirittura per due stagioni consecutive: 1952
e 1953.
L'Alfa Romeo, con le sue
mitiche "Alfetta" 158 e
159, si era ritirata dalle competizioni alla fine del 1951 dopo aver dominato
l'automobilismo per oltre un decennio. In quell'anno Ascari, vincendo al Nürburgring
e a Monza, aveva cominciato ad insidiare la supremazia di Fangio e della casa
del quadrifoglio. All'inizio del 1952 Fangio, passato alla Maserati, ebbe un
serio incidente in prova a Monza e fu costretto a saltare tutta la stagione.
Toltosi di mezzo l'avversario più pericoloso, per Ascari la vita f u
relativamente semplice. Saltò il primo Gran Premio della stagione, quello di Svizzera, vinto dal compagno di squadra
Piero Taruffi, e tentò l'avventura
nella 500 miglia di Indianapolis, allora valida per il campionato del mondo. Non
fu un grande successo per il pilota milanese, anzi: in prova si qualificò al
diciannovesimo posto, mentre in gara si ritirò dopo 40 giri. Comunque Ascari si
rifece ampiamente dominando le rimanenti sei corse della stagione, stabilendo
cinque pole position e cinque giri più veloci in gara.

Nel 1953 ritorna Fangio, ma la musica non cambia: Ascari vince
cinque gare su otto, è quarto in Francia, ottavo in Germania, poi a Monza,
nell'ultima prova dell'annata, mentre sta disputando la volata per il successo
con Fangio e Farina, è vittima di un incidente all'ultima curva detta del
porfido, antenata della celeberrima parabolica. Poco male comunque: il milanese
si porta a casa il suo secondo titolo mondiale, per sé e per la Ferrari, con la
quale in due anni aveva formato un binomio praticamente imbattibile.
L'iride rosso di Fangio
Per la stagione 1956 Enzo Ferrari ingaggia il miglior pilota del
momento, Juan Manuel Fangio. L'argentino si è appena aggiudicato
due titoli
mondiali con la Mercedes dopo quello del 1951 con l'Alfa Romeo; con le vetture
del cavallino cercherà quindi di conquistare il suo quarto iride.
Fangio riesce nell'intento, ma la sua è una vittoria molto
sofferta. Nei primi due Gran Premi, quello di casa sua e quello di Montecarlo,
ottiene un primo e un secondo posto ma soltanto grazie alla collaborazione dei
suoi compagni di squadra Luigi Musso e Peter Collins che gli cedono le proprie
vetture, in quanto quella dell'argentino in entrambe le occasioni aveva ceduto
per problemi meccanici. In Belgio si ritira senza appello, in Francia è quarto,
poi trionfa in Gran Bretagna e in Germania rilanciandosi per la conquista del
titolo.
E' la volta della gara decisiva, quella di Monza. Sono tre i
piloti ancora in corsa per il mondiale: Fangio, Moss e Collins. Il pilota
inglese della Maserati domina e vince, ancora una volta Fangio è costretto al
ritiro dopo 20 giri per noie al motore, ma dopo altri 15 giri Collins, che è
secondo, si ferma ai box e cede la macchina all'argentino che conclude così
alle spalle di Moss e si laurea ancora una volta campione del mondo.
In quell'occasione Collins dimostrò uno spirito di sacrificio
ineguagliabile rinunciando alle sue chances per favorire quelle del
quarantacinquenne Fangio: l'inglese era convinto di poter avere in futuro altre
possibilità di vittoria iridata. Purtroppo non sarà così: due anni più tardi
il ventiseienne Collins morirà in un tragico incidente sul mitico e terribile Nürburgring.
La Lancia Ferrari D50 vince con Fangio il mondiale nel 1956
Dalla Lancia alla Ferrari, la D50 diventa la regina della Formula Uno
Nel 1956, Manuel Fangio conquista il suo quarto titolo mondiale con la Ferrari “8 CL” in pratica l’ex Lancia D50, l’ultima monoposto pilotata da Alberti Ascari.
Il dominio della Ferrari è notevole, Fangio, Musso, Collins sono i
piloti da battere, tutti al volante della rossa di Maranello, ma la
superiorità e la storia della vettura è frutto di una serie di
circostanze. Nel 1956, la Mercedes, dominatrice delle
due stagioni precedenti di Formula Uno con la W196, decide di
abbandonare la partita. Ufficialmente i dirigenti di Stoccarda sono
paghi dei successi e della superiorità dimostrata. Dietro ci sono
ragioni economiche: gli investimenti nello sport erano stati ampiamente
ricompensati dalla produzione di serie, stavano nascendo nuovi modelli
da strada che richiedevano un grande impegno, ed aleggiava ancora la
tragedia di Le Mans che era costata la vita ad 80 persone, causata dalla
Mercedes 300 SLR di Pierre Levegh. Anche in casa
Lancia giunge lo stop per le competizioni dopo la morte di Alberto
Ascari, ma soprattutto dalla drammatica situazione finanziaria della
fabbrica torinese. Da tutti questi presupposti inizia la stagione 1956,
di fatto si voltava pagina dopo i due anni targati Mercedes, con i due
top driver che prendevano strade diverse, ma entrambe italiane: Fangio approda a Maranello, Stirling Moss a Modena,
in via Ciro Menotti, alla Maserati. L’asso argentino trova in Ferrari
la ex Lancia D50, ed una squadra con giovani e veloci piloti come Collins, Musso, Castellotti ed il barone belga Gendebien. L’inglese a Modena farà squadra con Jean Berha e Cesare Perdisa.
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La Lancia D50
La Ferrari è nata a Torino, in casa Lancia, due anni prima quando il giovane Gianni Lancia
decide di produrre auto, di nicchia, ma molto eleganti e ritornare nel
mondo delle corse, sfidando Mercedes e Ferrari, per rafforzare
l’immagine del marchio. Molte azioni della casa torinese sono tenute dal
gruppo Pesenti, ma Lancia, nonostante la fabbrica navighi in brutte
acque finanziarie ed i conti sono in rosso assume Vittorio Jano, il grande progettista delle Alfa Romeo della Scuderia Ferrari. Lo stipendio è da fuoriclasse, ma anche le vetture realizzate lo sono. Sotto la progettazione di Jano nascono le sport D23 e la D24 ed in seguito la monoposto D50 di Formula Uno.
Poi ci sono i piloti, ed in questo campo Gianni Lancia non si fa
mancare nulla, vuole solo i migliori, costi quel che costi. Con un
ingaggio sensazionale per l’epoca ingaggia Alberto Ascari, due volte
campione del mondo, il migliore tra tutti gli italiani, assieme a Gigi
Villoresi. Arriva anche Manuel Fangio, anche lui già campione del mondo
con l’Alfa Romeo. Fa qualche corsa di durata con la D24, ma che ben
presto emigra alla Mercedes, intuendo che la casa tedesca ha la macchina
con la migliore tecnologia, ed i soldi per svilupparla.
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La progettazione della D50 ha una storia piuttosto lunga e
travagliata, ma quando viene presentata si capisce che Vittorio Jano è
ancora uno dei migliori progettisti sul mercato ed i soldi sono stati
ben spesi. Il problema però sono proprio i soldi: i Pesenti
hanno ormai molte azioni della fabbrica, l’azienda è vicina alla
bancarotta e vogliono fare quadrare i conti. La D50 è un gioiello di
tecnica per l’epoca, dotata di un brillante otto cilindri a V di 90°,
cilindrata 2.486cc per una potenza di 250cv a 8.000 giri, mentre Ferrari continua con il 4 cilindri in linea progettato da Lampredi.
La Lancia è dotata di serbatoi laterali per equilibrare le masse, la
trasmissione ha un sistema transaxle con il cambio posteriore e ponte De
Dion, tra le evoluzioni è già pronta una carrozzeria carenata per i
tracciati veloci come Reims e Monza. Il V8 è inclinato di 12° per
consentire il passaggio dell’albero di trasmissione alla sinistra del
pilota, il tutto per abbassare il telaio e quindi le masse sospese.
Intanto Gianni Lancia continua nella sua rivoluzione dell’immagine e fa
costruire un grattacielo a Torino, come sede dirigenziale, decorato da
Gio’ Ponti. Il grattacielo è realizzato proprio dal gruppo Pesenti che
diventa sempre più creditore della Lancia, ormai pesantemente indebitata
dalla gestione allegra del suo patron Gianni. La D50 debutta con Ascari
e Castellotti, a stagione inoltrata 1954, la messa a punto è piuttosto
laboriosa, ma la vettura sembra nata bene, molto maneggevole. La
stagione 1955 inizia nel peggiore dei modi: il 26 maggio del 1955 Alberto Ascari muore a Monza.
Tre giorni prima aveva corso a Montecarlo con la D50, mentre era in
testa è uscito di strada finendo in mare. I sommozzatori lo salvano, per
il milanese è uno shock e tre giorni dopo va a trovare l’amico
Castellotti che sta girando a Monza con la sua Ferrari 750 sport, chiede
al lodigiano di fare qualche giro, giusto per provare i riflessi. Sale
sulla sport del Cavallino in camicia e cravatta, parte veloce dai box,
dopo tre giri finisce fuori strada alla curva del Vialone, che verrà poi
intitolata proprio al campione milanese, perdendo la vita. Per Gianni
Lancia è il colpo da ko. Esce di scena dalle corse, e dopo due mesi
viene estromesso anche dalla sua fabbrica. I conti sono pesantemente in
rosso, deve cedere il 16% delle azioni ancora in suo possesso al Gruppo
Pesenti che chiede immediatamente il suo allontanamento dalla fabbrica.
La Mercedes si fa avanti per rilevare il reparto corse, ma in Italia
nasce un patto segreto tra ACI, Fiat e Ferrari ed il tutto viene donato
proprio alla scuderia di Maranello, mentre la Fiat si impegna a versare alla Ferrari un contributo di 50 milioni di lire per 5 anni per finanziare le corse con le ex macchine torinesi.
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Dalla Lancia alla Ferrari
Il 26 luglio del 1955 mentre Gianni Lancia è scappato in esilio forzato in Brasile, i meccanici Ferrari accompagnati da Mino Amorotti e Luigi Bazzi entrano nel reparto corse di via Caraglio
a Torino caricando tutto il materiale del reparto corse e le sei
monoposto D50. Nell’accordo c’è anche la consulenza di Vittorio Jano che
torna a collaborare con Maranello scalzando Aurelio Lampredi dal ruolo
di direttore tecnico. Le D50, con i colori Ferrari vengono fatte correre
a Monza nel 1955 per testare le differenze di prestazioni con le
Ferrari e le Mercedes. Sono sei le Ferrari schierate a Monza,
tre 625 con il quattro cilindri di 2,5 litri e tre D50 per Castellotti,
Villoresi e Nino Farina. Le Mercedes di Fangio, Moss e Kling dominano
le prove e la gara, ma Castellotti e Farina sono subito dietro nelle
prove, mentre la prima 625, quella di Maglioli, è dodicesima. In gara
saranno le gomme a decidere la sorte delle D50, dopo pochi giri le
vetture vengono ritirate con i pneumatici a pezzi. La Ferrari, per
contratto, monta gomme Englebert al posto delle Pirelli utilizzate dalla
Lancia che non si adattano alle caratteristiche della monoposto
torinese.
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La D50 mondiale con Fangio
In casa Ferrari iniziano le prime modifiche, i serbatoi vengono integrati nella carrozzeria e le Lancia-Ferrari vengono schierate per la stagione 1956.
Per Fangio, il caposquadra della scuderia di Maranello l’anno inizia
subito con molte difficoltà: in Argentina ha problemi al motore, ma
riesce a salire sulla macchina di Musso e vince dividendo i punti con il
pilota italiano. A Monaco c’è il grande duello tra l’argentino e
Stirling Moss fino a quando Fangio ha nuovamente problemi meccanici e si
ferma ai box. Collins gli cede la sua Ferrari, Fangio inizia una
furiosa rimonta che lo riporta alle spalle della Maserati di Moss, che
vince con sei secondi di vantaggio. A Spa arriva il primo successo di Peter Collins con la Ferrari,
mentre Fangio è di nuovo fermo per problemi alla trasmissione, ma anche
Moss è fermo per problemi alla sua Maserati. In Francia l’inglese bissa
il successo con la Ferrari, precedendo il compagno Castellotti, Jean
Berha e Fangio che arriva quarto, Moss è nuovamente fermo per problemi
al cambio. Il campione argentino vince finalmente in Inghilterra a
Silverstone precedendo la coppia De Portago-Collins sulla D50. Nuovo
capolavoro di Fangio al Nurburgring che precede ben cinque Maserati, con
Moss che sale sul secondo gradino del podio. Ad una gara dal termine il
mondiale vede in testa Fangio con 30 punti, seguito da Collins e Berha con 22 e Moss con 19, l’ultimo
atto a Monza sarebbe stato quello decisivo per la conquista del titolo.
Il Gran Premio d’Italia si svolgeva sull’intero tracciato brinatolo,
quello di 10 km con stradale ed anello di alta velocità. La D50 di Fangio, dopo 20 giri, è ferma ai box con problemi al motore, trasmissione e sterzo,
ma c’è da vincere il mondiale, con le Maserati che vanno forte. Ai box
viene chiesto a Musso di cedere la vettura all’argentino, ma il romano
si rifiuta “se vuole corra con la sua macchina”. Sarà invece Peter Collins a fare il gesto che cambierà le sorti della gara e del mondiale. Cede la sua D50 all’argentino
“tanto sono giovane ed ho ancora tempo per vincere” sono le parole del
campione inglese, un gesto di cortesia, di rispetto verso la classe
dell’argentino, un favore che diventerà celebre. Fangio riparte con la
Ferrari di Collins, cercando di recuperare il tempo perso. Anche la D50
di Musso ha dei problemi ed il romano si ferma. Fangio è secondo alla spalle di Stirling Moss e conquista i punti necessari per il suo quarto titolo,
grazie soprattutto al gesto di Collins. Enzo Ferrari apprezzerà molto
il comportamento del pilota inglese: una vettura con il cavallino
rampante sul cofano è nuovamente mondiale. Da quel momento però le
strade tra il pilota argentino e Maranello si divideranno tra varie
polemiche. Fangio emigra a Modena, casa Maserati, Ferrari, per il
futuro, punta sui giovani piloti: Castellotti, Musso, Collins, ma
nessuno di loro riuscirà a conquistare l’alloro mondiale e tutti
perderanno la vita nell’arco di un paio di stagioni.
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Nel 1957 la D50 viene modificata e diventa 801
La D50 viene modificata per la stagione 1957, i due serbatoi laterali
scompaiono e la benzina finisce alle spalle del pilota. la monoposto
viene ribattezzata 801 (8 cilindri, 01 Formula Uno), ma le modifiche
effettuate vengono subito criticate da Castellotti e Villoresi che
avevano contribuito allo sviluppo in Lancia. Scompaiono anche le
balestre trasversali sostituite da molle elicoidali. Viene rivista anche
la parte meccanica, il V8 ha una nuova cilindrata di 2.489cc con un
incremento di potenza che arriva a 275 cv a 8.200 giri. Il cambio, a 5
rapporti, è sempre in blocco con il differenziale. La 801 non riesce a
ripetere i risultati della D50, la Maserati 250 diventa la vettura da
battere e Fangio la fa volare verso il suo quinto titolo mondiale. Per
la 801 è l’unica stagione mondiale, per il 1968 verrà sostituita dalla
nuova 246 che riporterà il mondiale a Maranello.
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Hawthorn, con regolarità, nel 1958
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Il
titolo mondiale della Ferrari probabilmente più sorprendente fu quello
conquistato da Mike Hawthorn nel 1958.
In quella stagione la casa di Maranello è ancora una delle
vetture più forti, ma l'attacco delle marche inglesi comincia a farsi molto più
serio. Stirling Moss, il pilota più forte del mondo dopo il ritiro di
Juan Manuel Fangio, corre per la Vanwall, scuderia a quel tempo ai
vertici, ma solo per la prima gara in Argentina guida la piccola Cooper con
motore a posteriore Climax e, a sorpresa, riesce a battere le Ferrari e le
Maserati. Hawthorn è terzo dietro al compagno di squadra Musso. Il duello tra i
due piloti inglesi si protrarrà per tutto l'arco dell'annata.

Mike Hawthorn, il primo campione inglese di F.1
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A Montecarlo si ritirano entrambi, in Olanda nuova vittoria di Moss e
quinto posto di Hawthorn, piazza d'onore per il ferrarista dietro a Brooks
(Vanwall) a Spa con Moss ritirato. E' la volta del Gran Premio di Francia.
Hawthorn si aggiudica l'unica gara della stagione battendo proprio Moss, ma la
malasorte comincia a colpire la Ferrari. Infatti Musso muore in un
terribile incidente dopo 10 giri. In questa occasione Fangio disputa la
sua ultima gara.
Il colpo è durissimo per Mike che però è in piena corsa per il titolo:
a Silverstone si piazza dietro il suo connazionale e compagno di squadra Peter
Collins, ma quest'ultimo perde anch'egli la vita al Nürburgring dove
domina Brooks. Altro lutto gravissimo per la Ferrari che vede oltretutto
Hawthorn ritirarsi mentre la gara è vinta da Brooks. Nelle ultime tre gare Mike
arriva sempre secondo, in Portogallo e in Marocco dietro a Moss e a Monza
alle spalle di Brooks. Nella gara nordafricana, l'ultima, il ferrarista
acquisisce la certezza del titolo mondiale, aggiudicandoselo con un solo
punto di vantaggio su Moss.

L'iride è tutto sommato meritato per Hawthorn, autore di una stagione
dalla regolarità impressionante, ma anche di quattro pole position e cinque
giri più veloci in gara. Molta sfortuna però per Moss e Brooks, vincitori
rispettivamente di quattro e tre gare ma penalizzati dalla fragilità delle
loro Vanwall. Alla fine del campionato Hawthorn, colpito nel profondo
dalle morti di Musso e Collins, annuncia il suo ritiro dalle
competizioni, ma non avrà il tempo di godersi la vittoria mondiale. Tre mesi
dopo infatti il gentleman della Formula 1 perirà anch'egli in un incidente
stradale, a 30 anni non ancora compiuti.
Phil Hill dopo la tragedia di von Trips.
Phil Hill conquistò nel 1961 il quinto titolo mondiale
piloti per i colori della Ferrari al termine di una
stagione dominata dalle vetture del cavallino rampante. Fu il primo
statunitense ad aggiudicarsi l'iride ma la sua gioia fu offuscata dalla morte
del suo diretto avversario compagno di squadra Von Trips a Monza nella
gara che si rivelò decisiva per l'assegnazione del campionato.
In quell'a nno la Formula 1 cambiò radicalmente il suo regolamento. Le
vetture aspirate infatti passarono da un massimo di cilindrata di 2500 cc a 1500
cc: questa formula sarebbe durata fino a tutto il 1965. La Ferrari si dimostrò la
vettura più abile ad affrontare il cambio di cilindrata, ma nel primo Gran
Premio della stagione, quello di Montecarlo, i portacolori di Maranello furono
battuti dalla Lotus-Climax di Stirling Moss, il più grande tra i piloti
che non hanno mai vinto il campionato del mondo.
Le rosse di Richie Ginther, Phil Hill e Von Trips si piazzarono
nell'ordine alle spalle dell'asso inglese, ma dalla gara successiva a Zandvoort
la musica cominciò a cambiare. Von Trips trionfò davanti a Hill, poi a
Spa la Ferrari calò un clamoroso poker: Hill primo, Von Trips secondo, Ginther
terzo e Gendebien quarto! A Reims i tre piloti ufficiali si ritirarono ma l'esordiente
Giancarlo Baghetti salvò l'onore del cavallino portandosi a casa un clamoroso
successo tenendo a bada in volata un pilota esperto come Gurney sulla Porsche.
Altro en-plein in Gran Bretagna (Von Trips primo, Hill secondo e Ginther
terzo), poi sul Nürburgring, altro circuito dove il pilota contava più della
macchina, seconda vittoria di Moss davanti a Von Trips, Hill e al giovane
compagno di squadra Jim Clark.
E venne il giorno di Monza. Von Trips ci arriva con quattro punti di
vantaggio su Hill e parte in pole position sulla griglia del Gran Premio
d'Italia. Al secondo giro, in prossimità della parabolica, la vettura di
Clark aggancia quella del ferrarista tedesco che vola sul terrapieno
e investe in pieno gli spettatori, uccidendone 14 e ferendone molti
altri. Von Trips muore sul colpo, Hill vince gara e titolo mondiale
e la Ferrari diserta in segno di lutto l'ultima prova della stagione,
quella statunitense a Watkins Glen. Si conclude così un'annata nella quale la
casa di Maranello ha dominato le marche inglesi come forse mai nella
storia della Formula 1.
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1964: Surtees con fortuna.
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Nel
1964 John Surtees, già sette volte campione del mondo di
motociclismo, conquistò anche il titolo iridato di Formula 1 al volante della
Ferrari. Fu il sesto mondiale piloti vinto dalla casa di Maranello, al termine
di una delle stagioni più appassionanti della storia.
Si comincia con il Gran Premio di Montecarlo dove trionfa Graham Hill (BRM), uno
dei re del Principato. Jim Clark (Lotus-Climax), campione del mondo uscente,
viene attardato da noie al cambio quando è in testa e deve acco ntentarsi del
quarto posto, mentre Surtees si ritira.
Lo scozzese e il ferrarista arrivano primo e secondo a Zandvoort con Hill
quarto, Clark ripete il successo a Spa quando soffia la vittoria alla Brabham di
Dan Gurney rimasta senza benzina all'ultimo giro. Hill è quinto.
A Rouen l'unico dei tre ad andare a punti è proprio il "baffo
volante", secondo dietro a Gurney, a Brands Hatch Surtees, dopo due ritiri
consecutivi, si piazza alle spalle dei due dominatori della prima metà
stagione. Clark vince per una manciata di secondi su Hill.
A questo punto l'ex motociclista, che ha un ritardo in classifica di 20
lunghezze da Clark e di 16 da Hill, comincia una miracolosa rimonta, mentre lo
scozzese inizia una serie nera di cinque abbandoni di fila che comprometteranno
le sue chances di riconquista del titolo.
Sul Nürburgring Surtees fa il bis dell'anno precedente battendo Hill, in
Austria trionfa il suo compagno di squadra Lorenzo Bandini. A Monza l'inglese
della Ferrari torna alla vittoria, Hill lo fa a Watkins Glen dopo due ritiri
consecutivi proprio davanti a Surtees.

Si arriva alla gara decisiva in Messico. Hill è al comando con 39
punti, Surtees ne ha 34 e Clark 30. Lo scozzese e l'inglese
della BRM prendono la testa, a questo punto Clark è campione per maggior
numero di vittorie perché Surtees è quinto, dietro a Gurney e Bandini. A tre
giri dalla fine Clark comincia a rallentare per noie al motore e all'ultima
tornata dovrà ritirarsi ma verrà ugualmente classificato quinto. Il
campione adesso è Hill, ma quando mancano due giri si ferma
anch'egli lungo il percorso. Gurney è in testa seguito da Bandini che rallenta
moltissimo per lasciar passare Surtees e permettergli di conquistare quei
sei punti che lo laureano, inaspettatamente, campione del mondo.
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1975: Lauda dopo 11 anni.
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Il GP d'Italia del
1975 potrebbe entrare nella storia: il
ferrarista Niki Lauda, in testa alla classifica, cerca
gli ultimi punti per conquistare matematicamente il titolo
mondiale.

L'austriaco, scattato dalla pole arriva terzo alle spalle
del compagno Regazzoni e di Fittipaldi e conquista l'alloro a
undici anni dall'ultimo trionfo in rosso di John Surtees. Una
stagione da primattore per Niki, vincitore di ben cinque corse
(Montecarlo, Belgio, Svezia, Francia, Stati Uniti) e altri tre
piazzamenti sul podio.
Il suo antagonista, Emerson
Fittipaldi, alla fine della stagione viene staccato di quasi
venti punti (64,5 a 45) e si accontenterà della seconda
piazza.
Lauda dominò anche la stagione 1976 ma il
terribile incidente del Nuerburgring, lo privò del meritato bis.La causa
non fu, come tutti ricordano, la rinuncia dell'austriaco di correre
l'ultima gara ma, soprattutto, la remissività del suo compagno di
squadra, Clay Regazzoni, che si fece superare, nel corso dell'ultimo
giro, da James Hunt che conquista così il titolo.
1977: Lauda di nuovo re.

Niki Lauda nel 1977 conquista il suo
secondo titolo
mondiale al volante della Ferrari.Il pilota
austriaco fece il bis iridato ma a fine stagione
divorziò dalla casa di Maranello che non gli aveva perdonato
il suo abbandono nel Gran Premio del Giappone del 1976 a causa
della pioggia battente, regalando il titolo alla McLaren di
James Hunt.
Dopo un ritiro nella prima gara dell’anno in Argentina,
Niki arriva terzo in Brasile, primo in Sudafrica e secondo a
Long Beach. In Spagna nuova decisione clamorosa dell’austriaco
che dopo il warm-up dichiara forfait a causa di un dolore alle
costole. Altre due piazze d’onore a Montecarlo e in Belgio,
ritiro in Svezia e quinto posto in Francia. Con quest’ultimo
piazzamento Lauda scavalca Scheckter in vetta alla classifica
mondiale; siamo metà campionato e Niki non mollerà più il
comando fino alla fine.
Nelle cinque gare successive l’austriaco arriva sempre sul
podio: è secondo in Gran Bretagna, primo in Germania (ad
Hockenheim, non al Nürburgring), secondo in Austria, primo in
Olanda e secondo a Monza. Nel Gran Premio degli Stati Uniti si
piazza quarto e conquista matematicamente il titolo iridato.
Quella però è l’ultima gara di Lauda al volante di una
Ferrari: infatti Niki se ne va sbattendo la porta e firmando
un accordo con la Brabham-Alfa Romeo: nelle ultime due gare,
in Canada e in Giappone, il suo posto verrà preso da un
giovanissimo canadese, Gilles Villeneuve.
Niki Lauda e James Hunt
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C’è stato un tempo in cui gareggiare in
Formula 1 significava correre in bilico lungo il filo del rischio.
Allora una sfida si traduceva in un lancio di dadi contro la sorte, un
guanto gettato a terra a dimostrare temerarietà. Compiuto quel gesto,
non restava che gettarsi a capofitto nel turbine degli eventi
successivi: partire, affrontare il percorso con il pensiero fisso al
traguardo senza riflettere su quanto si trovasse nel mezzo. La distanza
che separava il via dalla fine della corsa prevedeva agguati di ogni
genere, inclusa la morte.
Negli anni precedenti al 1976 durante i
mondiali di Formula 1 morirono dodici piloti. Questo dato si era
conficcato come un chiodo nella mente di chi quel circuito lo
attraversava alla massima potenza, guidato da un’irrefrenabile sete di
vittoria. I piloti convivevano giorno per giorno con l’eventualità della
morte.
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. Non la consideravano un imprevisto, come accade oggi, tenendo
conto che i progressi fatti dalle norme di sicurezza riducono la
fatalità a margini ristretti. Ogni volta, usciti indenni da una gara, si
presentava l’occasione per celebrare la semplice realtà di essere vivi.
La vertigine del vuoto non appariva follia, ma bisogno: un modo per
scoprire a fondo la vita nel timore stesso di esaurirla. I motori
rombanti si accendevano nello scontro dell’uomo con il suo nemico di
sempre, il destino. Le monoposto erano schierate sulla linea di
partenza, non costituivano altro che un moderno esercito automobilistico
composto dai cavalieri del rischio.
L’ambizione alla vittoria è da sempre
una prerogativa essenziale per affrontare una sfida, ma il vero campione
sembra dotato di una speciale tendenza al trionfo, che lo differenzia
dagli altri. Come se un’entità superiore gli avesse consegnato le carte
vincenti. Gli anni Settanta erano l’epoca di una Formula 1 ancora
pionieristica.
Per praticarla di certo ci voleva fegato
o, forse, un certo spirito di ribellione. Fu questa caratteristica ad
accomunare da subito i protagonisti del duello più acceso sulle piste di
quel periodo.
Due campioni complementari
L’austriaco Andreas Nikolaus Lauda e
l’inglese James Simon Wallis Hunt discendevano da famiglie facoltose,
potevano vantare strade spianate nella carriera lavorativa, uno stile di
vita agiato, poche preoccupazioni. Il padre di Lauda, Hans, era un
ricco banchiere che prevedeva per il figlio un futuro nella gestione dei
titoli in Borsa. Allo stesso modo, il padre di Hunt sognava una laurea
in medicina a completare la disposizione di cornici sopra il camino.
Entrambi restarono delusi.
In cuor loro Niki e James sentivano che,
se avessero seguito quelle direttive, sarebbero diventati
rispettivamente un pessimo banchiere e un pessimo medico. Non fu certo
la disperazione o la ricerca di denaro a condurli su quei circuiti
infiammati dalla fatalità, ma qualcos’altro; un battito pulsante che
solo loro conoscevano e seguiva il suono delle ruote contro l’asfalto.
Hunt aveva imparato a guidare da
bambino, a bordo di un trattore: il suo sembrava un innocuo passatempo
durante le vacanze estive, ma non era così. A diciassette anni
assistette con alcuni amici ad una corsa di Mini, disputata a
Silverstone, e capì che quello sarebbe stato il suo mondo. L’inizio si
rivelò difficile: per procurarsi i soldi necessari a disputare le gare
lavorò in una compagnia telefonica. Aveva abbandonato il suo status di
rampollo di buona famiglia pur di conquistare da sé il proprio
prestigio.
Non andò diversamente per Lauda, le cui
aspirazioni furono altamente osteggiate dai genitori che, da parte loro,
temevano di essere screditati agli occhi dell’alta società. Compì il
suo primo atto di ribellione ritirandosi dall’università e proseguì
chiedendo un prestito ad alcune banche del Paese per l’acquisto della
sua prima vettura. Costretto a partire dal fondo, iniziò a gareggiare in
Formula Cinque continuando fino all’esordio in Formula Tre con la
McNamara, un auto dalle basse prestazioni. Dovette attendere il 1970 per
giungere alla Formula Due al volante di una March, la scalata però
richiese un nuovo prestito bancario di circa trentacinquemila sterline.
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Nonostante ogni sforzo, non era
considerato nessuno, era oberato dai debiti e disapprovato dalla
famiglia, oltretutto la gente fissandolo sosteneva che non avesse
affatto l’aspetto di un pilota.
Una capacità, però, Niki l’aveva: sapeva
ascoltare la vettura, riusciva ad individuarne ogni minimo difetto. Il
direttore del team March, Robin Herd, comprese che quel giovane aveva
qualcosa di speciale e non tardarono le conferme con il debutto in
Formula 1 nel Gran Premio d’Austria del 1971.
La scalata non cessò
neppure con il passaggio alla scuderia BRM dove Niki conobbe il pilota
svizzero Clay Regazzoni. La complicità con quest’ultimo, che riconobbe
le sue ottime doti di collaudatore, gli valse l’ingresso nel prestigioso
team di Enzo Ferrari. |
In parallelo proseguiva l’ascesa di Hunt
che, per le sue frequenti vittorie in Formula Tre, era già stato
premiato come uno dei piloti inglesi più promettenti per il futuro.
Venne assunto da Lord Alexander Hesketh per gareggiare in Formula Due e
successivamente, con un ardito salto di classe, in Formula 1 nella quale
debuttò al Gran Premio di Monaco del 1973. Il salto fu, appunto, ardito
perché ben presto Lord Hesketh cadde nella rovina economica e, in
mancanza di sponsor, non ebbe alternative al ritiro. Improvvisamente
Hunt si ritrovò sprovvisto di scuderia, un colpo duro per il pilota
inglese.
A Zandvoort il 22 Giugno 1975 James Hunt a bordo della Hesketh
motorizzata Ford si aggiudica il Gp di Olanda, conquistando la sua
prima vittoria nella massima competizione motoristica, con un secondo di
vantaggio sulla Ferrari 312 T di Niki Lauda.
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Trascorsero mesi difficili, poi ben
ricompensati dall’approdo in McLaren in seguito al ritiro del pilota
Emerson Fittipaldi. Venne ingaggiato con un contratto di appena 200mila
dollari, il più basso mai stipulato, che non teneva conto del suo
potenziale. Quello stesso anno sarebbe diventato campione del mondo.
Inseguivano i loro sogni Niki e James,
ciascuno secondo la propria inclinazione, ma spinti dal medesimo
desiderio di sfrecciare sulla pista. Meticoloso, Lauda si preoccupava di
migliorare le prestazioni meccaniche della propria vettura, mentre
l’obbiettivo di Hunt era spingersi oltre i propri limiti, premendo
l’acceleratore con forza. Intendevano arrivare al vertice, sapevano di
averne le qualità, per farlo impiegarono ogni lato della propria
personalità. James Hunt venne soprannominato The Shunt, lo
Schianto, non solo per le sue caratteristiche fisiche, ma anche per la
tendenza all’alta velocità che lo portava a sfasciare le macchine.
Niki Lauda si aggiudicò l’appellativo di Computer
per la sua capacità di mettere a punto un mezzo meccanico. Sembravano
diversi, eppure erano così simili: accomunati dalle stesse origini, dal
talento naturale mischiato alla fatica del principiante, con l’aggiunta
della stessa attesa speranzosa e caparbia del successo. Erano
intrecciati fra loro come lo Yin e lo Yang, amici fuori dalla pista,
tanto da condividere all’inizio della carriera uno stesso appartamento a
Londra, eppure rivali all’interno del circuito di gara. E, che lo
riconoscessero o no, avevano bisogno l’uno dell’altro per mostrare al
mondo il meglio di quanto potevano dare. Pensando ad Hunt, Lauda disse: «Le
nostre vite si sono sempre incrociate. Per tanti aspetti eravamo
uguali. Quando lo guardavo negli occhi, capivo esattamente quello che
provava. Ho sempre nutrito un grande rispetto per lui in gara. Era un
grande pilota».
Ferrari vs. McLaren
Lauda si espresse senza mezzi termini di fronte ad Enzo Ferrari quando gli disse: «Questa macchina è una merda. Non curva bene, niente equilibrio».
A Ferrari dei piloti importava ben poco, ma per le sue auto aveva la
massima considerazione e il suo principale interesse era vincere. Così
accolse l’esortazione dell’austriaco a migliorare la vettura, apportando
dei cambiamenti che avrebbero aumentato la velocità di mezzo secondo.
Quel ragazzo gli era simpatico perché
diceva la verità, non lo prendeva in giro, forse capì che la schiettezza
di Niki non era volta ad offendere ma a provocare un mutamento. Il suo
arrivo, in effetti, non modificò solamente la prestazione delle auto,
fece ben altro: in quegli anni per la Ferrari piovvero i successi.
La Rossa ottenne la pole position
per nove volte e nel 1975, l’anno successivo, Lauda vinse il suo primo
titolo mondiale trionfando nei GP di Montecarlo, Belgio, Svezia, Francia
e Usa. I debiti e i prestiti bancari a quel punto non erano che un
lontano ricordo e chiunque vedesse Niki riconosceva in lui un pilota.
La fortuna girava anche per la McLaren
di Hunt che, all’inizio del 1976, si guadagnò due vittorie ed un secondo
posto nei primi nove Gran Premi. La competizione iniziava a fendere
l’aria come un coltello: Niki e James avevano una schiera di tifosi alle
spalle e altrettanta consapevolezza dei propri meriti. Finalmente
l’immagine che il mondo rifletteva di loro era la stessa che avevano
sempre avuto nel cuore. Consapevoli del rischio e, allo stesso modo,
sprezzanti di correrlo, si impossessarono di quelle curve come dei
sentieri delle loro vite, preparati ad affrontare le insidie con
l’identico ardore. Come sempre, però, fra l’innocente svolgersi di quei
circuiti era teso il pericolo pronto a giocare la sua parte.
Il dramma del Nürburgring
Agosto 1976, Gran Premio di Germania. La
gara si disputò sul Circuito del Nürburgring sotto una pioggerellina
fitta ed insidiosa. Si correva su una pista di 22,8 chilometri in cui
erano morti 131 piloti in meno di cinquant’anni. Questa tragica premessa
venne ricordata soltanto a posteriori, in seguito alla drammaticità
degli eventi che seguirono. Le condizioni atmosferiche erano pessime:
Lauda non voleva gareggiare. Hunt invece sì. Alla gara non si rinunciò,
vennero montate le gomme da bagnato e ci si apprestò a partire.
Terminato il primo giro il cielo si placò obbligando i piloti ad
un’imprevista sosta ai box per cambiare le gomme.

L' incidente di Lauda al Nürburgring
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Mancavano pochi minuti allo scatenarsi
dell’inferno, Lauda era in ottava posizione impegnato in un avvincente
testa a testa con Hunt. Alla Bergwerk, la curva più lontana dai box, a
cui segue un tracciato misto a rettilineo di oltre 20 Km, perse
completamente il controllo della vettura. La Rossa uscì dal rettilineo
schiantandosi contro una roccia, l’urto la rigettò in pista avvolta in
una pira di fiamme. Niki si ritrovò imprigionato nella macchina, inerme,
la violenza dell’impatto l’aveva privato del casco di protezione.
Nessuno scudo poté proteggerlo dall’innalzarsi del fuoco. I colleghi
subirono le conseguenze del disastro: Guy Edwards riuscì ad evitare lo
schianto, ma Harald Ertl e Brett Lunger lo tamponarono. Furono loro i
primi a rendersi conto della gravità della situazione, vedendo il
campione del Mondo ridotto ad una fiamma incandescente. Accorsero subito
tentando l’impossibile per estrarlo dalla monoposto, aiutati da Arturo
Merzari poco dopo. Niki venne estratto dalle lamiere contorte in uno
stato irriconoscibile: il volto ricoperto di ustioni, nero di carbone e
rosso di sangue. Si temeva per la sua vita, ma la corsa proseguiva. |
Nell’ospedale di Mannheim Lauda lottava
per sopravvivere, mentre nel maledetto Nürburgring James Hunt saliva sul
gradino più alto del podio.
Non furono le ferite al volto le
conseguenze più gravi dell’incidente, ma le condizioni dei polmoni. Niki
aveva inalato tossine emesse dal carburante, dovettero trascorrere
quattro giorni perché fosse dichiarato fuori pericolo. La sua speranza
di vita sembrava minima, tanto da rendere ammissibile l’estrema unzione.
La moglie Marlene lo assisteva con gli occhi pieni di lacrime,
costringendosi ad essere forte dopo il trauma iniziale che le procurò
uno svenimento per lo shock. Adesso era perfettamente consapevole di
aver sposato un pilota e non un tennista, come aveva creduto al loro
primo incontro.
Benché in ospedale il tempo apparisse
sospeso, sui circuiti la vita non si arrestava: James Hunt guadagnò un
quarto posto in Austria, un trionfo in Olanda e due vittorie consecutive
in Canada e Usa. Sul podio si notava, però, l’assenza del suo
avversario numero uno.
Trascorsi quarantadue giorni
dall’incidente Lauda tornò alle corse, era già stato abbastanza a lungo
lontano dalla normalità. Indossava un casco modificato per non urtare le
ferite ancora sanguinanti, faticava ancora a vedere attraverso le
palpebre ricostruite, ma non intendeva darsi per vinto. Gareggiò al Gran
Premio d’Italia aggiudicandosi la quarta posizione, quindi i punti
necessari alla lotta per il titolo finale.
La gente non riusciva a guardare Lauda
con gli stessi occhi di prima, però lui sapeva di non essere cambiato e
continuare a correre era il suo modo per dimostrarlo. Proseguì il suo
leggendario duello con Hunt fino al Circuito del Fuji in Giappone. Ad
accoglierli fu una pioggia torrenziale. Le vetture in corsa si
schiantavano contro i muri d’acqua, le ruote correvano su un velo
liquido, ed il sentore del pericolo era palpabile. Al secondo giro,
Lauda dichiarò il ritiro sostenendo di essere pagato per guidare non per
ammazzarsi.
Lo stesso non valeva per Hunt, che non
desistette. Al 62° giro era in testa, ma fu costretto a rallentare per
conservare gli pneumatici e, a cinque giri dal termine, si ritrovò
quinto. Affrontò l’ultima parte della corsa al limite della follia,
sfrecciando su fiumi d’acqua e sfidando la sorte a colpi di
acceleratore. La sua imprudenza fu ricompensata: conquistò il terzo
gradino del podio e il titolo mondiale divenne suo.
Fine di una corsa
A James Hunt quella vittoria fu
sufficiente per porre il sigillo alla propria carriera. Si sentiva
appagato e decise di andarsene, voleva essere ricordato come un
vincente. Saltuariamente continuò a dedicarsi alla Formula 1,
sostituendo per un breve periodo Prost alla McLaren, ma ormai la sua
sete di vittorie era stata placata. Proseguì la propria vita sregolata
sotto le luci dei riflettori, reinventandosi come presentatore per la Tv
britannica. E la morte lo sorprese all’improvviso, fulminante quanto la
velocità delle sue sfide, stroncandolo con la violenza di un infarto a
quarantacinque anni.
Niki Lauda, invece, le corse non le
avrebbe lasciate, dopotutto aveva i segni di quella passione impressi
come stigmate sul volto. Si consacrò ancora due volte campione mondiale,
prima di dedicarsi alla gestione delle sue compagnie aeree la Lauda Air
e la Niki. Ancora oggi il suo volto muto racconta che cos’era la
Formula 1 quando i piloti vivevano la competizione come cavalieri del
rischio.
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1979:Il trionfo di Scheckter
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9
settembre 1979: una data molto cara a tutti i tifosi della Ferrari. Quel
giorno, infatti, Jody Scheckter, trionfando a Monza davanti al compagno
di squadra Gilles Villeneuve, conquistava l’ultimo titolo mondiale
piloti, finora, per la casa di Maranello.
Le due Renault turbo di Jean Pierre Jabouille e René Arnoux partono dalla
prima fila della griglia avendo ottenuto i due migliori tempi, mentre Scheckter
e Villeneuve si piazzano rispettivamente terzo e quinto. Jacques Laffite,
l’avversario più pericoloso in classifica per i due ferraristi, si avvia
dalla quarta fila col settimo tempo.
Al semaforo verde Scheckter scatta in
testa ma Arno ux lo passa alla prima
variante. Villeneuve protegge il compagno di squadra dagli attacchi di
Laffite.
Dopo 14 giri il turbo della gialla vettura francese cede e Arnoux è costretto
al ritiro. Le Ferrari sono ora in testa con Laffite che tenta inutilmente di
attaccarle. A otto giri dal termine il pubblico esplode, insieme al motore Ford
della Ligier del transalpino.
La festa sul podio e in pista è memorabile. Scheckter conquista gara e
titolo grazie anche al comportamento esemplare di Villeneuve, secondo sia nel
Gran Premio d’Italia che in classifica mondiale. La casa di Maranello,
ovviamente, conquista anche l'iride dei costruttori.
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La fine di un'incubo
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Michael Schumacher
è riuscito, dopo cinque anni, a raggiungere lo scopo prefissato al
momento della firma del contratto con la Ferrari; riportare a Maranello
il
titolo mondiale piloti.
Per venti volte il nome del pilota scritto nell'albo
d'oro, non era associato alla Ferrari, un periodo doppio rispetto al record negativo precedente quando
Niki Lauda vinse il mondiale nel 1975, undici anni dopo quello di
John Surtees.
Iniziò allora il periodo d'oro della Ferrari con quattro titoli costruttori e
tre piloti, due con Lauda e uno, nel 1979, con Jody
Scheckter.
Gli anni ottanta furono caratterizzati da errori nella gestione della
squadra che non hanno permesso ad altri piloti di raggiungere la
vittoria finale.
Non dobbiamo considerare il 1982 perchè, quell'anno, la Ferrari era veramente la vettura da battere ma, la tragedia di
Gilles Villeneuve e l'infortunio di
Didier Pironi, hanno portato solo alla conquista del titolo costruttori.
Finalmente, nel 1988, alla guida della Ferrari arriva Cesare Fiorio il quale capisce che, se si vuole vincere, non basta avere la vettura migliore, serve anche il
pilota migliore come dimostrava la McLaren che, con piloti del calibro di
Senna e Prost, riusciva a vincere gare e campionati a ripetizione.
Sono ingaggiati Mansell e Prost e, nel 1990, la Ferrari è nuovamente competitiva e si gioca il titolo con la McLaren di Senna.
Vince il brasiliano malgrado avesse una vettura certamente inferiore.
E' proprio in quell'anno che la dirigenza Ferrari commette un altro errore.
Fiorio ha già un pre-contratto con Senna per il 1992 ma, i
vertici della Fiat, preferiscono Prost e licenziano Fiorio con il
risultato che la stagione 1991 è disastrosa e, alla fine, anche
Prost viene cacciato.
La scuderia ripiomba così nella mediocrità fino alla firma di Schumacher nel 1996.
Da allora per quattro volte la Ferrari è stata in lotta fino
all'ultima corsa e, finalmente, l'inizio del nuovo millennio la vede
ancora sul gradino più alto.
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Il 2000: anno di record per la Ferrari
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Dopo la vittoria in Malesia, la Ferrari
ha stabilito il record di vittorie stagionali.La scuderia di Maranello ha infatti
vinto dieci gare nel 2000, nove con Michael
Schumacher (Australia, Brasile, San Marino, Europa, Canada, Belgio,
Italia, U.S.A., Giappone e Malesia) e una con Rubens
Barrichello (Germania).Il record precedente era di sette vittorie
ottenute nelle stagioni 1952 e 1953.
Nel ’52 i successi furono ottenuti da tre piloti diversi: Alberto Ascari
(in Belgio, Francia, Gran Bretagna, Germania, Olanda, Italia), Troy Ruttman
(Indianapolis) e Piero Taruffi (Svizzera).
Nel '53 invece i vincitori in "Rosso" furono Ascari (Argentina,
Olanda, Belgio,Gran Bretagna, Svizzera), Mike Hawthorn (Francia) e Nino
Farina (Germania).
La differenza a favore della Ferrari attuale è che nel 1952 presero parte al
campionato cinque piloti di Maranello mentre nel '53 furono quattro, a
differenza dei soli Schumacher e Barrichello di adesso.
Michael Schumacher ha anche eguagliato il suo record di vittorie in una
sola stagione, anche nel 1995 vinse nove
gare.Eguagliato anche il record di punti, 108, stabilito da Mansell
nel 1992.
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Mai così facile.
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Michael Schumacher ha vinto il suo quarto titolo a mani basse.
Nella mia memoria, l'unico caso simile di strapotere risale al 1992, quando
Nigel Mansel dominò il campionato e fu matematicamente campione già dopo
undici gare e proprio dopo il G.P. di Ungheria. La differenza però è fondamentale; Nigel vinse grazie ad una
macchina imbattibile mentre Schumacher grazie al suo talento. La
Ferrari non è imbattibile, lo dimostrano le mediocri prestazioni di Barrichello
che, pur non essendo un gran pilota, si è sempre dimostrato sopra la media.
Quest'anno Schumacher ha dimostrato, come non mai, tutto il suo talento. Libero
dall'assillo di dover vincere ad ogni costo, è autore di gare "perfette"
supportato naturalmente, da una vettura affidabile come, forse, non se ne sono
mai viste. Ora tutti i giornali parlano di record che il tedesco batterà.
Probabilmente sarà così ma, se fossi in Michael, farei tutti gli scongiuri del
caso. Sette anni fa, si scrivevano le stesse cose quando Senna firmò per la
Williams. Intanto è a un passo dal quinto titolo e ha battuto il record di punti
stagionale; 123.
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2002:Dominio assoluto.
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Non
è la prima volta che una scuderia di Formula 1 domina il campionato nei
confronti degli avversari. Quest'anno è toccato alla Ferrari, ma in passato
McLaren e Williams, sono anch'esse riuscite ad imporre la loro supremazia sulla
concorrenza in un determinato periodo.
Una differenza interessante tra la Ferrari e le due scuderie britanniche è che
queste ultime lasciavano la loro coppia di piloti duellare in pista, mentre
Michael Schumacher e Rubens Barrichello sono sempre stati gestiti da ordini
impartiti dai dirigenti della squadra.
Tuttavia nel 2002 la Ferrari ha stabilito record a ripetizione, ottenendo dei
risultati che sicuramente rimarranno imbattuti nella storia dell'automobilismo
mondiale per molto tempo.
Quando è stata scoperta nel giorno della sua presentazione, la F2002 ha
suscitato subito un coro unanime di apprezzamenti. Nonostante non avesse ancora
percorso alcun giro in pista, la nuova monoposto di Maranello ha immediatamente
stimolato la fantasia di tifosi, appassionati e addetti ai lavori, i quali
sognavano una Ferrari imbattibile.
I loro desideri sono stati accontentati. I ‘Geni della lampada' della Scuderia
italiana, ossia gli ingegneri e progettisti, hanno costruito una macchina che
era destinata ad entrare per sempre negli annali della Formula 1. Un cambio
rivoluzionario a fusione in titanio, un'aerodinamica completamente rivista per
ottimizzare i flussi d'aria e tante altre migliorie hanno permesso alla Rossa di
volare verso la gloria.
Nel primo test con la F2002 Michael Schumacher ha polverizzato subito i record
del circuito di Fiorano. L'unica preoccupazione derivava dal cambio di nuova
concezione, ma questi pensieri hanno presto lasciato spazio al sogno di una
Rossa invincibile che è divenuto realtà.

I numeri di questa stagione parlano da soli : 221 punti nel campionato
costruttori, è la cifra che si ottiene se si sommano i punti segnati da tutte le
altre scuderie, dalla Williams alla Arrows. 15 vittorie su 17 Gran Premi. A
Monaco vinse meritatamente David Coulthard, ma per sua fortuna Schumacher non
riuscì a segnare la pole posisition. A Sepang invece s'impose il fratellino, ma
la gara di Michael fu certamente penalizzata dal contatto con Juan Pablo Montoya
alla prima curva.
Se Williams e McLaren non riusciranno a produrre un pacchetto decisamente più
competitivo rispetto a quello di quest'anno, Michael Schumacher ‘rischia' di
diventare il ‘Michael Jordan' della Formula 1.
Nonostante l'audience della categoria regina ha subito un netto calo e il
momento negativo dell'economia mondiale si è fatto sicuramente sentire,
quest'anno l'Italia può godersi questa Ferrari da record che ha infiammato le
domeniche degli italiani con le prodezze di Rubens Barrichello e Michael
Schumacher e con una F2002 che senza ombra di dubbio è forse la vettura più
competitiva che sia mai stata costruita.
A Interlagos, dove la Ferrari ha impiegato per la prima volta questa
‘Astronave', sulla griglia di partenza del Gran Premio i capi scuderia sono
andati tutti ad ammirare questo gioiello tecnologico che ha distrutto la
concorrenza fin da subito ed ha permesso a Michael Schumacher di salire sul
podio in tutte le corse di questa stagione.(I primi due Gran Premi con la
F2001).
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2003: Schumi, 6 leggendario!
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Michael
Schumacher, 8° nel GP del Giappone dominato da Barrichello, si aggiudica il
sesto titolo mondiale, la Ferrari vince il 13° mondiale costruttori.
Grazie anche alla gara perfetta di Rubens
Barrichello, Michael Schumacher al termine del Gran Premio del Giappone a Suzuka
si porta a casa il suo sesto titolo mondiale, uno in più di Juan Manuel Fangio,
il quarto consecutivo, ed entra definitivamente nella leggenda non solo della
Formula 1 ma di tutto lo sport. E’ stata una gara al cardiopalma per quasi tutta
la sua durata, con Michael costretto a partire quattordicesimo in griglia a
causa della pioggerella che lo ha frenato in qualifica, poi, per giunta, mentre
era in piena rimonta, al sesto giro si è toccato con l’idolo locale Takuma Sato,
neosostituto di Jacques Villeneuve alla BAR, e ha dovuto fermarsi ai box per
cambiare l’alettone anteriore danneggiato e ha anticipato così il primo
rifornimento. Piano piano, Schumi ha guadagnato altre posizioni, ha battagliato
col fratello Ralf, lo ha sorpassato al terzo e ultimo pit-stop e infine lo ha
costretto a tamponarlo leggermente quando Da Matta ha frenato improvvisamente
davanti a entrambi obbligando il ferrarista a cambiare traiettoria. Schumi ha
tagliato il traguardo ottavo, conquistando il punticino che gli serviva per
assicurarsi la certezza matematica del titolo.
La Ferrari si aggiudica, oltre il suo tredicesimo
titolo piloti, anche il tredicesimo mondiale costruttori, il quinto consecutivo,
e il contributo maggiore stavolta è arrivato da Rubens Barrichello che, partito
in testa, è stato superato nel corso del primo giro da Juan Pablo Montoya ma ha
approfittato del ritiro del colombiano dopo nove giri per un problema di
idraulica, e ha dominato tutta la gara, cogliendo la settima vittoria della
carriera e chiudendo quarto nel mondiale avendo beneficiato degli zeri di Ralf e
Alonso. Il brasiliano ha assolto fino in fondo al compito che aveva in questa
gara: impedire di vincere a Kimi Raikkonen, l’ultimo che ancora poteva togliere
il titolo a Schumi. Nel corso del 15° giro, per il gioco dei pit-stop, con Kimi
primo e Schumi fuori dai punti, il finlandese era campione del mondo: ma è stato
un attimo, anche se il timore di una beffa per i tifosi della Ferrari è stato
sempre dietro l’angolo fino agli ultimi dieci giri. La Ferrari ha adottato la
tattica delle tre soste, Raikkonen, secondo alla fine, ha tentato l’azzardo
disperato delle due soste, una in meno anche del suo compagno di squadra David
Coulthard, che ha chiuso terzo proteggendolo negli ultimi giri, ma non è
bastato. Raikkonen ha lottato come un leone per tutto l’anno e ha chiuso a due
punti da Schumi vincendo solo un Gran Premio, ma se la McLaren-Mercedes avesse
vinto il titolo con la vettura, sia pure modificata, dell’anno scorso, la cosa
avrebbe avuto del sensazionale nella Formula 1 di oggi.
Per quanto riguarda gli altri, la Williams ha
buttato via il mondiale costruttori con una serie di errori incredibili nelle
ultime gare e oggi, a parte la sfortuna di Montoya, Ralf ha fatto una gara
disastrosa condizionato dai soliti complessi di inferiorità nei confronti del
fratello. L’attenuante di partire in ultima fila del tedesco regge solo in
parte: Jarno Trulli, che partiva di fianco a lui, ha fatto invece una gara
fantastica arrivando quinto anch’egli con due sole soste, esattamente come le
due BAR di Jenson Button, quarta, e Sato. Il giapponese, al rientro in Formula 1
dopo un anno, ha chiuso sesto dopo che dodici mesi fa aveva era stato quinto
proprio sulla pista di casa, e questi sono i suoi due unici piazzamenti in zona
punti in carriera. Anche Fernando Alonso, il campione di domani, si è ritirato
per colpa del motore mentre era in lotta con Barrichello. Inesistenti come al
solito Giancarlo Fisichella, che finalmente lascia la Jordan, e le due Minardi.
Si conclude così un’annata equilibratissima e, nelle sue ultime fasi, davvero
entusiasmante, ma che vede Michael Schumacher trionfare meritatamente ancora una
volta: passano gli anni ma la voglia di vincere di Schumi non si spegne mai e
trascina con sé tutti gli uomini della Ferrari. E’ forse questo il merito più
grande del campione tedesco, che da oggi guarda tutta la storia della Formula 1
dall’alto in basso. Che la festa cominci, a Suzuka, a Maranello e a Kerpen.
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2007: Raikkonen per un punto!
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Michael
Schumacher sussurra qualcosa a Kimi Raikkonen sul podio di Monza 2006, forse una
premonizione. Dopo poco più di 12 mesi, il pilota finlandese, sostituto in
Ferrari del "Re", vince il titolo mondiale piloti e la Ferrari il 15° costruttori.
Il debutto al volante della Ferrari F2007, la nuova
macchina della Scuderia Ferrari, avvenne il 30 gennaio 2007 a Valencia.
Raikkonen si dichiarò ambizioso di voler gareggiare ad armi pari con l'altro
pilota della Ferrari, ovvero Felipe Massa.
Iniziò la stagione vincendo il Gran Premio d'Australia dove ottenne
pole position e giro più veloce (solo Juan Manuel Fangio e
Mansell erano riusciti a fare altrettanto al debutto con una Ferrari). Le
due gare successive gli fanno conquistare due terzi posti, il primo in
Malesia, dove il motore era stato limitato nei giri a causa di una piccola
perdita d'acqua sul finire del Gp d' Australia, ed uno in Bahrein, dove però
ha un po' deluso e ha sofferto il passaggio alle gomme Bridgestone. Nel GP di
Spagna, invece, fu costretto al ritiro a causa di un problema elettronico, che
lo ha privato di un sicuro posto sul podio. A Gran Premio di Monaco
iniziò male il week-end, a causa di un errore nella seconda qualifica, che lo
costrinse a partire sedicesimo dopo aver danneggiato irrimediabilmente la
sospensione anteriore. In gara rimontò fino all'ottavo posto, guadagnando un
punto iridato, grazie ad una buona partenza e ad un ottimo lavoro del box
Scuderia Ferrari. Dopo un'infelice doppia trasferta in Canada
dove non andò oltre il 5° posto e Stati Uniti dove fu 4°, ritornò alla
vittoria nel Gp di Francia a Magny-Cours partendo in griglia dalla 3ª
piazza dietro Massa ed Hamilton. In partenza superò l'inglese della McLaren e al
46° giro il compagno Felipe Massa grazie alla tattica dei pit-stop. Nella
gara successiva, in Gran Premio di Gran Bretagna, centrò
un'altra vittoria realizzando anche il giro più veloce, anche in questo caso
grazie alla sosta ai box posticipata rispetto agli avversari. Nel bagnato Gran
Premio d'Europa al Nurburgring, dopo aver conquistato la pole position, a
metà gara fu costretto al ritiro per un problema idraulico sulla sua
Ferrari. Va meglio nel Gran Premio d'Ungheria dove giunse secondo subito
dietro a Lewis Hamilton, ottenendo il giro più veloce all'ultima tornata.
Anche in Turchia arrivò 2° dietro a Felipe Massa ottenendo il giro più
veloce. A Monza, dove risentiva di un brutto incidente avvenuto il sabato
mattina, arrivò terzo dietro le McLaren subendo un umiliante sorpasso da
Hamilton. Nonostante il titolo sembrasse ormai fuori dalla portata del
finlandese, la Ferrari decise che visto il miglior piazzamento di Raikkonen, in
classifica, in confronto a Massa, di puntare su Kimi per gli ultimi disperati
attacchi ad Hamilton e Alonso. In Circuito di Spa-Francorchamps, dopo
aver ottenuto la pole position, torna sul gradino più alto del podio, portando
insieme a Felipe Massa alla Ferrari il quindicesimo titolo costruttori. Per
Raikkonen si tratta della terza vittoria consecutiva sulla mitica pista di
Spa-Francorchamps. A Fuji, in una gara sotto la pioggia, si ritrovò nelle ultime
posizioni a causa di un'errata scelta delle gomme ma rimonta fino al terzo
posto. Con 17 punti da recuperare ad Hamilton su 20 disponibili, il mondiale
sembrava ormai chiuso. In Cina domina il weekend, parte
alle spalle di Hamilton e,quando comincia a piovere, supera l' inglese e
approfittando del successivo ritiro di Hamilton, portandosi a 7 punti
dall'inglese e a 4 da Alonso ad una gara dal termine. Questo trionfo lo porta di
diritto nella storia della Ferrari, visto che grazie al successo di Kimi, la
"Rossa" ottiene il suo 200° trionfo in F1. Il 21 ottobre 2007 a Interlagos è
necessario salire sul gradino più alto del podio con Massa, e sperare in una
difficoltà di Hamilton per conquistare il titolo. Kimi Raikkonen alla partenza
dal terzo posto brucia l'inglese e si porta alle spalle dell'altro ferrarista
Massa partito in Pole Position. Nel frattempo Alonso si porta in terza posizione
superando il suo giovane compagno di squadra che, complice l'inesperienza e la
troppa foga, nel tentativo di riprendersi la terza posizione si rende autore di
un fuori pista che lo fa scivolare indietro; come se non bastasse dopo pochi
minuti un'inaspettato e non chiaro problema al cambio lo fa piombare in ultima
posizione: è l'inizio della clamorosa disfatta. Hamilton conclude settimo, ne
approfitta Raikkonen che, beneficiando anche del secondo posto di Massa che
relega Alonso in terza posizione, si laurea per la prima volta nella sua
carriera Campione del Mondo di Formula 1 con 110 punti iridati, uno in più dei
sui diretti avversari della McLaren (Hamilton 2° e Alonso 3°), completando una
fantastica rimonta di addirittura 26 punti.
Nelle ore successive al termine della gara viene aperta un'inchiesta dalla
FIA sulle Williams di Nico Rosberg, quarto in gara, Nakajima e sulle BMW Sauber
di Heidfeld e Kubica, rispettivamente sesto e quinto, per le temperature fuori
norma della benzina. L'inchiesta comunque non porterà alla squalifica dei piloti
coinvolti, pertanto il titolo di Raikkonen viene confermato.
Il team McLaren-Mercedes decide comunque di presentare ricorso contro la
decisione presa dai commissari di cui sopra. Inizialmente pare incline ad un
ricorso marcatamente teso alla retrocessione o squalifica delle vetture
sopramenzionate,permettendo in tal modo la vittoria nel mondiale al britannico
Lewis Hamilton. In seguito ai pareri dissenzienti in seno alla scuderia,in
particolar modo dei suoi due piloti declina l'intenzione iniziale in favore di
un approccio "soft" indirizzato solo a far "luce" sulle procedure decisionali
adottate di commissari nella specifica occasione. L'udienza viene fissata per il
15 di novembre presso la Corte d'Appello internazionale FIA, ma il tribunale
d'appello, a seguito di essa, giudicherà "inammissibile" il ricorso presentato
dal team McLaren-Mercedes .
Il titolo è così definitivamente confermato al
pilota scandinavo che è cosi il terzo campione del mondo finlandese dopo Mika
Hakkinen e Keke Rosberg, e il terzo pilota a vincere un mondiale
al primo anno in Ferrari (c'erano in precedenza riusciti Juan Manuel Fangio
e Jody Scheckter).
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Michael Schumacher: i 10 Gran Premi più emozionanti
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10) Gran Premio di Ungheria 1998:
In una gara dove le Mclaren partono subito forte, inseguite proprio dal
pilota tedesco, la svolta avviene al 43° giro quando la Ferrari con una
mossa a sorpresa passa da due a tre soste consentendo, così, a
Schumacher di ripartire con poco carburante. Questa scelta risulterà
decisiva, in quanto consentirà a Schumi di sopraggiungere Coulthard
all’uscita dai box e di sorpassare Hakkinen nei tre giri successivi. Con
questa fantastica vittoria Schumacher riaprirà il Mondiale riducendo il
proprio distacco a sole sette lunghezze dal pilota finlandese.
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9) Gran Premio di Silverstone 1998:
Se mai fosse necessaria una spiegazione di come si guidi sotto la
pioggia, basta riavvolgere il nastro ed ammirare la sontuosa prestazione
al Gran Premio di Silverstone del “Barone rosso”. Il pilota tedesco
dopo una partenza a rilento, dove nelle prime battute di gare viene
anche superato da Coulthard, vince una vera e propria gara ad
eliminazione nella quale a tagliare il traguardo sono soltanto nove
piloti. La vittoria di Schumacher si consuma nel giallo, con il pilota
tedesco che in testa alla gara è costretto ad uno stop&go all’ultimo
giro, venendo così costretto a tagliare il traguardo dalla corsia dei
box. |
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8) Gran Premio del Brasile 2006:
Pur al confine del nostro periodo nostalgico, è giusto ricordare
l’ultima “emozionante” gara in rosso di Schumi. Nel giorno in cui
Fernando Alonso si laurea per il secondo anno consecutivo Campione del
Mondo con la Renault, Schumacher perseguitato dalla sfortuna fin dalle
qualifiche del sabato, dimostra a tutti ancora una volta cosa significhi
essere un 7 volte Campione del Mondo. Il pilota tedesco partito in
decima posizione, buca una delle due gomme posteriori al settimo giro e
rientra in pista in 20° posizione e con un giro da recuperare. La gara
che segue è fantastica con Schumacher che sorpasso dopo sorpasso
chiuderà in quarta posizione, regalando così un ultima grande emozione a
tutti i tifosi del cavallino rampante. |

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7) Gran Premio della Malesia 1999: Un campione non lo
si riconosce soltanto dalla serie di vittorie ottenute in carriera, ma
anche dalla capacità di essere versatile e di sapersi mettere a servizio
della squadra. Schumacher ne da dimostrazione in occasione del GP della
Malesia del 1999 dove, al rientro dopo l’incidente di Silverstone
risulta perfetto in partenza, garantendo la fuga del compagno di squadra
Eddie Irvine e “tamponando” i possibili attacchi delle Mclaren. La
doppietta Ferrari consentirà ad Irvine di presentarsi all’ultima gara
con un vantaggio di quattro punti su Hakkinen, ma purtroppo conosciamo
tutti il finale di questa storia… |
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6) Gran Premio di Spagna 1996:
Di certo non potevamo dimenticare la prima vittoria in rosso ottenuta a
Barcellona il 2 Giugno 1996. Michael Schumacher si trasforma ancora una
volta in “Rainman” e domina il Gran Premio con una prestazione di gara
sontuosa. A farne le spese sono Alesi e Villeneuve che, subendo il ritmo
forsennato del tedesco, vengono sorpassati già nelle prime battute di
gara e non potendo recuperare il distacco creatosi sono costretti a
vedere tagliare per prima il traguardo la vettura di Maranello, che
conquista, così, la sua prima vittoria in stagione. |
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5) Gran Premio del Belgio 1995: Un’altra
epica rimonta ed un duello tutto da vivere con Damon Hill sono tra gli
ingredienti principali del GP di SPA del 1995. Schumacher, partendo
dalla sedicesima posizione, con una strategia al limite della perfezione
ed in condizioni meno favorevoli rispetto al pilota della Williams,
ottiene una vittoria importantissima che gli consente così di allungare
sul rivale inglese portando il suo distacco a 15 punti, ipotecando così
il suo secondo titolo Mondiale. |

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4) Gran Premio del Belgio 1992:
Nello stesso circuito nel quale aveva esordito appena un anno prima,
Schumacher coglie la sua prima vittoria in F1, in un tracciato cui ha
legato molti momenti chiave della sua carriera. I favoriti della vigilia
sono Mansell e Senna, ma l’incedere della pioggia già alle prime curve
del Gran Premio mischia le carte in tavola. Abile ad approfittare della
situazione è per l’appunto Schumacher, che conquista così il suo primo
successo. |
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2) Gran Premio di Montecarlo 1997: Forse
una delle più grandi manifestazioni di forza mai date da un pilota di
Formula 1, in una gara condizionata dalla pioggia che ha fatto venir
fuori tutta l’astuzia ed il talento di Michael Schumacher. Il
ferrarista, partito in seconda posizione, stacca subito in avvio le
Williams ed un sorprendente Giancarlo Fisichella e sotto una pioggia
torrenziale guida come un Dio sceso sulla terra, facendo capire a tutti
chi sia il più forte pilota al mondo. Unica sbavatura il dritto alla St.
Devote che tuttavia rende la vittoria di Schumi ancor più emozionante. |
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1) Gran Premio del Giappone 2000: Al primo posto non
poteva che esserci la vittoria di Suzuka, con la quale la Ferrari tornò
sul tetto del Mondo a 21 anni di distanza. Tutti noi ricordiamo ancora
le sensazioni di quella domenica mattina. La sveglia quasi all’alba e
poi quel turbine di emozioni nel vedere il duello tra Hakkinen e
Schumacher.
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Campioni della Ferrari
Alberto
Ascari
Signore
del volante
Figlio
di un pilota – il padre Antonio era rimasto vittima di un incidente a
Monthlèry quando Alberto aveva 7 anni - , Alberto Ascari viene attirato
dalla carriera di pilota.
Dopo aver gareggiato in moto, con la
Bianchi dal 1937, guida la madre delle Ferrari, la T815, nella Mille
Miglia del 1940. Dopo il conflitto, il milanese riprende con la
Cisitalia, poi con la Maseratti. A fine ’49 viene chiamato alla Ferrari
insieme con Villoresi.
Due vittorie nel ’51, al Nuerburgring e a Monza, sulla 375F1 V12.
E nelle due stagioni successive il milanese domina il Mondiale,
conquistando il titolo. Nel ’52 vince tutte le gare di F1 cui partecipa [
6] e nel ’53 ottiene 5 primi posti su 9 prove.
All’ apice del successo, pilota raffinato
che si esprime al massimo quando è in testa, passa alla Lancia che però
non è competitiva. Stagione frustrante: Alberto – detto Ciccio- corre in
5 Gp con Maserati e Ferrari e infine con la Lancia. Nel 1955, con la
D50 V8, Ascari si ritira in Argentina e a Montecarlo è protagonista di
un incidente spettacolare finendo nelle acque del porto.
Si salva, riportando solo ferite al volto.
Quattro giorni dopo va a Monza e chiede di provare la Ferrari
dell’amico-allievo Castellotti. Esce di pista, muore. Una tragedia che
lascia molti interrogativi
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SCHEDA
PILOTA
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Alberto
Ascari: nato a Milano il 13 luglio 1918 (morto a Monza il 26 maggio 1955)
Vittorie con la Ferrari: 13
Pole Position: 13
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Piero
Taruffi
L’uomo dell’ultima mille miglia
Pilota,
tecnico, progettista, giornalista: Piero Taruffi è un personaggio
eclettico. Comincia a correre in auto a 17 anni, vincendo una gara di
regolarità, la Roma-Viterbo con una Fiat 501S.
Si laurea in ingegneria, poi diventa
motociclista, si cimenta in strada e in pista, diventa anche specialista
dei record di velocità. Entra a fare parte della Scuderia Ferrari nel
1949 e nel 1950 gareggia sia con l’Alfa Romeo sia con le vetture di
Maranello. In F1 disputa due stagioni a tempo pieno (1951-’52), con qualche
presenza nelle due successive. Su 18 gare, ne vince una, il Gran Premio
di Svizzera a Bremgarten del 1952, il suo anno migliore, al volante
della 500. Taruffi ha forse miglior fortuna nelle gare stradali. Il
pilota romano si aggiudica la Carrera Panamericana in coppia con Luigi
Chinetti nel ’51 e ottiene diversi piazzamenti.
Con la Lancia conquista la Targa Florio
nel 1954. Guidando la Maserati trionfa nella 1000 Km del Nuerburgring
insieme con Moss, Shell e Behra. Taruffi ha un chiodo fisso, quello di
vincere la Mille Miglia. “Se ci riesco-dice alla moglie Isabella-lascio
le corse”.
Fa centro al tredicesimo tentativo, nel
1957, a 51 anni, sostituendo Musso, sulla Ferrari 315 S. E mantiene la
parola. Quella fu anche l’ultima edizione della celebre corsa.
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SCHEDA
PILOTA
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Piero Taruffi:
nato a Albone Laziale (Roma) il 12 ottobre 1906, (morto il 12 gennaio 1988)
Vittorie con la Ferrari: 1
Pole Position: 0
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Mike
Hawthorn
Nel nome della Regina
Primo
inglese a conquistare un casco iridato, Mike Hawthorn ha una storia
straordinaria e movimentata , costellata anche da gravi infortuni.
Hawthorn, figlio di un garagista , non è un vero professionista, ma un
grande appassionato.
Vorrebbe guidare una vettura “British” ma
capisce che solo la Scuderia gli può dare la possibilità di vincere nei
Gp. A Ferrari piace e con Maranello disputa 39 corse, alternando le sue
presenze in team britannici, fra il 1953 e il ’58.
Guida la 500 F2, la 625 4, la 553/555 4,
la Dino 246 V6. Gareggia nella Mille Miglia, nella 24 Ore di Le Mans. Ha
un incidente con una Cooper-Bristol nel circuito di Modena che lo
costringe ad una lunga inattività, si capotta a Siracusa riportando
ustioni e ferite.
Passa un momento terribile nel 1955 quando
viene accusato di aver innescato la tragedia di Le Mans ( con la
Mercedes di Levegh che piomba sulla folla) deviando di colpo per entrare
ai box. L’inglese, tuttavia, è un combattente, non si arrende,
continua.
Torna alla Ferrari, di cui apprezza la
professionalità, e conquista il Mondiale ’58. Colpito dalla scomparsa
dell’amico Collins nel GP di Germania, annuncia il suo ritiro a fine
stagione. Ma nel gennaio successivo ha un banale incidente stradale:
muore finendo con la sua Jaguar contro un albero.
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SCHEDA
PILOTA
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John Michael Hawthorn:
nato a Mexborough (Inghilterra) il 10 aprile 1929, morto il 22 gennaio 1959 a Guilford-by-pass
Vittorie con la Ferrari: 3
Pole Position: 4
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Wolfgang
Von Trips
Amaro destino a Monza
Pilota
di nobile famiglia, eccelle in tutti gli sport. Non sa nulla di
meccanica ma sopperisce con la classe: un giorno arriva ai box e un
tecnico gli dice che la barra antirollio delle sospensioni della sua
vettura è rotta.
Lui guarda il roll-bar posto sopra
l’abitacolo e risponde: “Davvero?”. Tuttavia è molto veloce. Il 1961 può
essere l’anno del titolo mondiale in Formula 1. Vince in Olanda e Gran
Bretagna e si presenta a Monza per la consacrazione.
Ma lo attende un destino crudele.
Dopo aver conquistato la pole position, il
tedesco non parte bene: per assicurarsi l’affidabilità dei motori, la
Ferrari monta rapporti lunghi. Jim Clark con la Lotus si infila tra le
Ferrari in testa.
Al secondo giro, in frenata alla curva
Parabolica, la 156 del tedesco sbanda e viene violentemente tamponata
dalla vettura dello scozzese. Clark, seppure sotto choc, è indenne. Von
Trips, invece, viene sbalzato dall’abitacolo e muore sul colpo. Il
bolide piomba tra la folla ed è una strage con 14 vittime, una delle
maggiori della storia dell’automobile.
Racconta Enzo Ferrari:”Questo ragazzo mi fu particolarmente caro, era
un giovane di grande nobiltà d’animo. E quella giornata che doveva
essere premio all’ardimento, alle vittorie, ai successi e al lavoro di
tutti, ci portò la più cruda, dolorosa, amarezza”.
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SCHEDA
PILOTA
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Wolfgang Von Trips:
nato a Horrem (Germania) il 4 maggio 1928, morto a Monza il 19 settembre 1961
Vittorie con la Ferrari: 2
Pole Position: 1
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Lorenzo
Bandini
Campione senza fortuna
Figlio
di un commerciante, Lorenzo Bandini rimane orfano a 9 anni. Affascinato
dalla meccanica, appena può va a Milano. Lavora in un garage: il
proprietario gli fa da padre e lo aiuta a coltivare la passione delle
corse finanziandolo per l’acquisto di una Fiat 8V
Conosce anche l’amore frequentando la
figlia del suo datore di lavoro, Margherita, che diverrà sua moglie.
Bandini si impegna nella Formula Junior, vince molto. Nell’aprile del
’61 esordisce in F1 a Pau, gara non titolata Mimmo Dei, patron della
Scuderia Centro Sud, crede in lui e lo manda a fare esperienza in
Australia.
Al ritorno, Enzo Ferrari lo convoca a Maranello. Nel ’64 a Zeltweg
coglie la sua prima e unica vittoria iridata con le monoposto.
Nel ’64 a Zeltweg coglie la sua prima e
unica vittoria iridata con le monoposto. Nel ’67 guida con Amon la prima
delle tre Ferrari che dominano la 24 Ore di Daytona. Si impone anche
nella 1000Km di Monza. Arriva caricato a Montecarlo. E’ prima guida
Ferrari. Hulme comanda la gara, l’italiano 2°, è attaccato dall’ex
ferrarista Surtees, passato alla Honda.
Resiste a fatica, poi all’82° giro taglia
la chicane, tocca con la ruota posteriore destra uno steccato, rimbalza,
s’infila sulla sinistra nelle balle di paglia poste per impedire alle
macchine di finire nelle acque del porto. La vettura si rovescia e,
squarciata da una ringhiera, prende fuoco. Bandini muore 70 ore dopo
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SCHEDA
PILOTA
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Lorenzo Bandini:
nato a Berce (Libia) il 21 dicembre 1935, morto a Montecarlo il 10 maggio 1967
Vittorie con la Ferrari: 1
Pole Position: 1
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Lodovico
Scarfiotti
Bravo su ogni vettura
Parkes
e Scarfiotti. E’ stata una coppia ideale per le corse a lunga distanza.
Un binomio che ha dato dimostrazioni di forza e di volontà di vincere.
Uno completava l’altro.
L’inglese, ormai modenese, con le sue
abitudini italiane innestate sulla determinazione albionica; il
marchigiano di Torino con la sua esuberanza di giovanotto apparentemente
senza problemi nella vita.
"Irruente oltre misura, avrebbe corso con
qualsiasi tipo di macchina, in qualsiasi momento, su qualsiasi pista".
Così Ferrari ricorda Scarfiotti. Ragazzo di ottima famiglia, comincia a
vincere con le vetture turismo e si impone due volte nell’Europeo della
Montagna.
Nei prototipi si fa valere: vince la
1000Km del Nurburgring con Vaccarella; Sebring e Le Mans con Surtees. Ma
sogna soprattutto quella F1 che Maranello gli concede con parsimonia.
Disputa in tutto 8
corse.
Trionfa
nel GP di italia a monza del 1966, primo italiano dopo Ascari. Poi
prova con la Eagle e la Cooper. Capisce tuttavia che le ruote scoperte
sono la via giusta. Accetta la proposta della Porsche per guidare i
prototipi (1968). Ed è secondo a Brands Hatch. Ma in giugno in Germania,
nelle prove della corsa in salita di rossfeld per l’Europeo della
Montagna, esce di strada. Sbalzato dalla vettura, batte la testa contro
una roccia e muore.
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SCHEDA
PILOTA
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Lodovico Scarfiotti:
nato a Torino il 18 ottobre 1933, morto a Rossfeld (Germania) l’8 giugno 1968
Vittorie con la Ferrari: 4
Pole Position: 4
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Clay
Regazzoni
Fascino e grinta al volante
Viveur,
danseur, tennista, calciatore e, a tempo perso, pilota. Clay Regazzoni,
il brillante, intramontabile Clay, ospite d’onore ideale per le più
disparate manifestazioni alla moda. “Lo contattai nel 1969.
L’anno dopo vinse un memorabile GP
d’Italia. Poi si affinò come stile e temperamento, che era fra i più
audaci fino a diventare un ottimo professionista. Gli avversari lo hanno
sempre rispettato”:così Ferrari lo giudicò.
L’esordio è burrascoso: in F2 viene
squalificato a Monza per un sorpasso proibito (erano esposte le bandiere
gialle per un incidente) e quindi è coinvolto nella fatale collisione
Chris Lambert a Zandvoort.Ne esce tuttavia assolto.
Corre con la Tecno. Infine passa a Maranello.
In due riprese disputa 77 gare. Alterna
momenti favolosi a periodi meno positivi, ma è sempre combattivo. E’ lui
a proporre l’ingaggio di Lauda, poi ne soffre la concorrenza. Lascia la
Ferrari nel 1976 dopo aver vinto ancora a Long Beach (Usa Ovest).
Prosegue l’attività per tre stagioni piene (1° con la Williams a
Silverstone) e proprio a Long Beach, il 30 marzo ’80, con la Ensign
piomba sulla Brabham di Zunino ferma sul circuito. L’urto gli provoca
lesioni alla spina dorsale.
E’ costretto sulla sedia a rotelle ma continua a correre (nel ’97 va al
raid Panama-Alaska) e si batte a favore degli handicappati.
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SCHEDA
PILOTA
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Clay Regazzoni:
nato a Mendriso (Svizzera) il 5 settembre 1939
Vittorie con la Ferrari: 4
Pole Position: 4
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Niki
Lauda
Solo Schumi ha vinto di più in Ferrari
E’
il pilota che vince, dopo Schumacher, più gare con la Ferrari in F1. E
con due titoli mondiali pareggia i conti con Ascari. Dopo una serie di
corse con vetture turismo e formule minori, Lauda riesce a ottenere un
prestito da una banca e approda in F2. Prestazioni non troppo brillanti,
con una monoposto poco competitiva. Ma la strada è aperta: March e BRM
per una stagione, poi la Ferrari.
Arriva nel 1974 e si dimostra subito concreto, applicandosi con impegno.
E’ anche un ottimo collaudatore. Vince due corse. L’anno dopo domina il
Mondiale con cinque affermazioni. Può ripetersi nel ’76 ma il 1° agosto
esce di pista al Nuerburgring: un incidente terribile,
Merzario lo salva dalle fiamme.
L’austriaco recupera in modo fulmineo: il volto reca i segni del fuoco,
ma lui in 40 giorni è pronto e, a fine stagione, lotta per il titolo. Ma
in Giappone, prova decisiva, piove, la visibilità è scarsa e Niki
preferisce tornare al box: il titolo va a Hunt. Lauda ha la rivincita
nel ’77: si riprende il Mondiale, ma lascia la Ferrari, con cui ha un
rapporto di odio-amore, e passa in Brabham.
Vince a tavolino il GP d’Italia ’78 (Villeneuve e Andretti
penalizzati). Abbandona le corse per due anni e crea una compagnia
aerea, l’Air Lauda. Torna con la McLaren, è campione ’84. Dopo essere
stato collaboratore della Ferrari, oggi lavora per la Mercedes.
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SCHEDA
PILOTA
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Niki Lauda:
nato a Vienna (Austria) il 22 febbraio 1949
Vittorie con la Ferrari: 15
Pole Position: 23
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Gilles
Villeneuve
L’acrobata delle piste
Gilles
Villeneuve: uno dei piloti più amati dai tifosi e dallo stesso Enzo
Ferrari che lo paragonava a Nuvolari. Con Maranello vince solo sei
corse, ma resta nella storia come uno dei campioni più spettacolari e
coraggiosi, eroe di imprese impossibili, acrobata delle piste. Inizia a
17 anni con le motoslitte in Canada, diventando uno dei migliori
specialisti.
Nel 1976 conquista il titolo nordamericano
di Formula Atlantic.Il 16 luglio ’77 debutta in Formula 1 con la
McLaren, ma il 21 settembre è già a Maranello con un contratto firmato.
Il 9 ottobre corre a Mosport il GP del Canada e il giorno 23 nel
circuito del Fuji, in Giappone, ha un terribile incidente, volando tra
la folla dopo una collisione con la Tyrrell di Peterson. Lo chiamano
“l’aviatore”. Nel 1978 primo sucesso in F1, in casa, a Montreal, nel
1979 è secondo nel Mondiale di Scheckter,
dopo essersi affermato tre volte. Nei due
campionati che seguono la Ferrari non va, ma Gilles trionfa a Montecarlo
e in Spagna. L’82 potrebbe essere l’anno del titolo.
Ma Villeneuve, dopo una polemica con Pironi a Imola [accusa il compagno
di avergli sottratto la vittoria], l’8 maggio a Zolder [Belgio] tampona
in prova la March di Mass. Sbalzato dall’abitacolo, si spegne in
ospedale, lasciando la moglie e due bimbi, Melanie e Jacques.
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SCHEDA
PILOTA
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Villeneuve:
nato a Chambly (Quebec) il 18 gennaio 1950
(morto a Zolder nelle prove del GP del Belgio l’8 maggio 1982)
Vittorie con la Ferrari: 6
Pole Position: 2
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Didier
Pironi
L’uomo che sfidò il turbo
Un
pilota che si è costruito a poco a poco e che fa tesoro di tutte le
esperienze. Famiglia di origine italiana (viene dal Friuli), Pironi sale
con costanza tutti i gradini che portano in F1.
Il successo nel GP di Montecarlo di F3 lo
fa approdare alla Tyrrell. Didier conquista punti in quattro delle sue
prime sei gare in F1. nello stesso anno, il 1978, si aggiudica in coppia
con Jaussaud la 24 Ore di Le Mans con la Renault.
Passa alla Ligier nel 1980 e vince il suo primo GP in Belgio.
Diventa molto veloce, ottiene alcune pole position e nessuno si
meraviglia se nel 1981 Enzo Ferrari lo affianca a Gilles Villeneuve.
Sono gli anni del turbo: la 126CK è nuova.
Il canadese si adatta meglio e la porta al
successo due volte. Arriva il 1982 con tante speranze per Maranello.
Pironi vince a Imola superando Villeneuve all’ultimo giro e innesca una
lite con il compagno di squadra che lo accusa di non aver rispettato i
patti e gli ordini del box. Quindici giorni dopo Villeneuve è vittima
del tragico incidente di Zolder. Didier si aggiudica il GP d’Olanda e va
in testa al mondiale, ma a Hockenheim, nella pioggia, urta la Renault
di Prost e si rompe le gambe.
E’ costretto al ritiro. Uomo sportivissimo, si dà all’offshore con uno
scafo di sua progettazione: muore in mare in un incidente.
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SCHEDA
PILOTA
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Didier Pironi:
nato a Villecresnes (Francia) il 26 marzo 1952, morto il 23 luglio 1987 nel Canale della Manica in un incidente di offshore
Vittorie con la Ferrari: 2
Pole Position: 2
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Michele
Alboreto
Pilota di bello stile
Michele
Alboreto è un giovane magazziniere che ama le corse. E talora i sogni
si realizzano: con l’aiuto di amici debutta in F3 nel 1979 e nell’80 è
già campione europeo.
Nel 1981 ragginge la Minardi in F2 e vince
a Misano. Tyrrell gli fa firmare un contratto triennale. Michele lo
ripaga aggiudicandosi due gare “impossibili” a Las Vegas e a Detroit nel
1982 e nel 1983: batte con una vettura a motore aspirato i rivali sulle
ben più potenti “turbo”.
"Sono note le mie simpatie per Michele
Alboreto. E’ un giovane che guida tanto bene, pochi errori. E’ veloce,
di bello stile: doti che mi rammentano Von Trips, al quale Alboreto
somiglia anche nel tratto educato e serio.Oggi ha la certezza che è tra i
migliori in F1”.
Così scrive Enzo Ferrari in un suo libro.
Logico che dalla stagione ’84 il milanese salga su una rossa, primo
italiano dopo Merzario, a 11 anni di distanza. Alboreto conferma il suo
valore vincendo in Belgio, e l’anno dopo lotta a lungo per il titolo. E’
costretto a cedere per i continui problemi di affidabilità della
156-85.
La
sua parabola alla Ferrari si conclude nell’87. Poi corre per diverse
squadre ma senza risultati all’altezza delle sue capacità. Lui non si
scoraggia, continua a guidare, sino a vincere nel ’97 la 24 Ore di Le
Mans con una Porsche.
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SCHEDA
PILOTA
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Michele Alboreto: nato a nato a Milano il 23 dicembre 1956
Vittorie con la Ferrari: 3
Pole Position: 2
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Nigel
Mansell
Il leone delle mille imprese
Il
pilota dalle grandi contraddizioni con qualità del purosangue. Nigel
Mansell è uno dei protagonisti della F1 per oltre un decennio. Comincia
con un atto di fiducia nei propri mezzi: per correre si vende la casa.
Poi entra nelle grazie di Chapmann.
Quattro stagioni alla Lotus, cinque con la Williams, due con la Ferrari,
per tornare alla Williams dove nel 1992 diventa finalmente campione del
mondo. Litiga con il costruttore inglese, emigra negli Usa dove
conquista la Formula Indy.
Torna, si aggiudica ancora una gara in Australia, poi disputa due corse nel ’95 alla
guida della McLaren e si ritira. In mezzo tutta una serie di episodi,
incidenti, guai, errori, imprese. I più clamorosi: firma per Ferrari e
resta alla Williams.
Passa alla scuderia di Maranello, annuncia
che lascia l’attività e passa nuovamente nel team inglese. E perde due
Mondiali già vinti. Il primo nel 1986: sbaglia una marcia al via in
Messico e buca un pneumatico mentre è avviato al successo in Australia.
Il secondo, l’anno dopo, quando si infortuna a Suzuka in prova e lascia
il titolo a Piquet. Finalmente diventa il numero uno nel ’92 coronando
il ritorno alla Williams.
In Ferrari vive due stagioni un po’ da leone e in parte da pecora, ma
lascia un ricordo indelebile, dimostrandosi il più mediterraneo dei
piloti britannici.
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SCHEDA
PILOTA
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Nigel Mansell:
nato a Upton on Severn (Inghilterra) l’ 8 agosto 1953
Vittorie con la Ferrari:
3
Pole Position:
3
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Jean
Alesi
5 anni di passione e tormenti
Carattere
focoso, grande temperamento, combattivo e sempre molto corretto in
pista. Jean Alesi non nasconde le origini siciliane della sua famiglia.
Il padre ha una carrozzeria nel Sud della Francia,
il ragazzo lavora sulle vetture, le smonta, le ricostruisce. Corre in
moto, ma ama l’automobilismo. Il debutto nel 1983 lo lancia verso un
titolo nazionale di F3. nel 1989 arriva a quello intercontinentale della
F3000.Il talent scout Tyrrell chiama Alesi in F1 nella stessa stagione e
Jean lo
ricambia accumulando 8 punti in otto gare. Nel ’90 a Phoenix (Usa
Ovest) è in testa al GP, Senna lo supera e il francese lo ripassa con un
guizzo. Poi il brasiliano fa valere la sua classe e la competitività
della McLaren: è primo, ma Alesi sale sul podio al secondo posto. E
piace a tutti.
Questa impresa gli vale l’ingaggio da
parte della Ferrari che lo affianca ad Alain Prost. In poco tempo Alesi
diventa l’idolo dei tifosi di Maranello per il suo coraggio e per il
modo di guidare sempre spettacolare.
Sono cinque anni di passione e di tormenti. Le vetture non sempre sono
all’altezza delle attese dei piloti, in qualche occasione c’è anche un
po’ di sfortuna. Alesi scalpita, vuole vincere almeno una gara: il colpo
gli riesce nel GP del Canada nell’ultima stagione a Maranello.
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SCHEDA
PILOTA
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Jean Alesi:
nato a Avignone (Francia) l’ 11 giugno 1964
Vittorie con la Ferrari: 1
Pole Position: 1
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Froilan
Gonzales
Gonzàles, e la Ferrari spicca il volo
E'
il pilota della prima vittoria della Ferrari nel Mondiale di F1.
Grosso, massiccio, pesante più di 100 Kg, era soprannominato “il toro
della Pampa”. Uno sportivo nato. Corre prima in moto, poi con vetture di
produzione. Nel 1950 si diverte e si affina con una Maserati che gli ha
trovato Fangio. Gonzalez raggiunge l’amico in Europa e partecipa al
primo Mondiale di F1 con scarsa fortuna. E’ secondo nel Gran Premio di
Albi, non valido per il campionato. Nella primavera 1951 viene chiamato
da Enzo Ferrari
per sostituire Taruffi, ammalato. Per Gonzalez è una stagione
straordinaria: vince a Silverstone, è sempre sul podio e conquista il
terzo posto nel campionato. Si lascia attirare dalla Maserati e per due
anni continua a piazzarsi fra i migliori. Torna a Maranello nel 1954,
imponendosi nuovamente in Inghilterra, diventa vice-campione alle spalle
di Fangio. E’ primo anche nella famosa 24 Ore di Le Mans in coppia con
Trintignant e nelle prove non iridate di Bari, Bordeaux e del
Portogallo.
Gonzalez torna in patria dedicandosi alle corse locali. Partecipa ai
Grandi Premi d’Argentina del 1957 con la Lancia-Ferrari D 50 e del ’58
con la Ferrari Dino 246. Ferrari diceva di lui:”Un pilota che in gara ha
un comportamento alterno ma che è coraggioso, volitivo e generoso”
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SCHEDA
PILOTA
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Froilan Gonzales: nato a Arrecifas
(Argentina)
Vittorie con la Ferrari:
2
Pole Position: 3
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Juan
Manuel Fangio
Il
campionissimo indecifrabile
Figlio
di emigranti italiani, Juan Manuel Fangio è il pilota che ha vinto più
Mondiali di F1: 5. Debutta nel 1940 vincendo il Gp del Norte con una
Chevrolet.
Poi arriva in Europa dove diventa il
“maestro”, un campione gentile e un po’ misterioso, con 24 successi su
51 gare mondiali disputate.Anche Enzo Ferrari, profondo conoscitore e
agitatore di uomini, non riesce a interpretare a fondo questo pilota.
Ammette:”Fangio rimane per me un personaggio
indecifrabile. Fugge
al mio sguardo, risponde a monosillabi. La sua statura agonistica
invece è indiscutibile. Possiede una visione della corsa decisamente
superiore e un equilibrio, una intelligenza e una sicurezza nella
condotta di gara singolari”.
In effetti , l’argentino non dimostra mai
particolari sentimenti nei confronti dei costruttori che lo fanno
vincere e correre. Salta da una squadra all’altra a seconda delle
migliori opportunità che gli si presentano. Per la Ferrari gareggia in
F1 nel 1956 aggiudicandosi il quarto titolo mondiale, dopo quello vinto
con l’Alfa Romeo [1951] e due con la
Mercedes [1954-55] e prima dell’ultimo,
il
quinto, ottenuto con la Maserati [1957]. Porta al successo la
Lancia-Ferrari D50, conquistando tre vittorie, una delle quali, in
Argentina, con l’aiuto di Musso. Altre due gare nel’57 [Argentina e
Francia], poi l’addio.
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SCHEDA
PILOTA
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Juan Manuel Fangio:
nato a Balcarce (Argentina) il 24 giugno 1911, morto a Buenos Aires il 17 luglio 1995
Vittorie con la Ferrari: 3
Pole Position: 5
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Phill
Hill
Il mondiale a stelle e strisce.
Il
primo di tre americani (insieme con Dan Guerney e Richie Ginther)
approdati a Maranello. Enzo Ferrari lo definì così:” Un ragazzo solido
ed emotivo che veniva dalle vetture sport e che in California aveva
avuto una buona esperienza di meccanico.
Non era un pilota di classe eccelsa, ma
era sicuro e redditizio soprattutto sui circuiti ad alta velocità”.
Corre per la Ferrari lungo l’arco di dieci anni e vince molto,
diventando campione del mondo nel 1961. 
E’ l’unico sinora ad aggiudicarsi due
volte, consecutivamente, il Gran Premio d’Italia a Monza con le vetture
del Cavallino Rampante. Hill è un grande specialista delle vetture a
ruote coperte, ma sogna la la Formula 1.
E nel 1961, alla sua quarta stagione con
le monoposto italiane (mentre nello stesso anno trionfa con i prototipi
anche nella 12 Ore di Sebring e a Le Mans) conquista il titolo mondiale.
Due successi e quattro piazzamenti sul podio. Hill vorrebbe ripetersi
l’anno successivo, ma la Ferrari perde poco a poco la sua
competitività.
L’americano partecipa alla scissione dei
tecnici di Maranello e decide di guidare nel 1963 con l’ATS. Scelta
sbagliata che compromette la sua carriera in Formula 1. Termina
l’attività nei prototipi nel 1966 cogliendo ancora due affermazioni con
la Chaparral nella 1000Km del Nuerburgring e a Laguna Seca.
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SCHEDA
PILOTA
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Phill Hill:
nato a Miami (Stati Uniti) il 20 aprile 1927
Vittorie con la Ferrari: 3
Pole Position: 6
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Giancarlo
Baghetti
Corridore gentiluomo
Pilota
e gentiluomo. Stabilisce, unico con Nino Farina, un record che non si
può battere: vincere al debutto nel Mondiale di F1. A dire il vero,
Baghetti non è alla sua prima affermazione.
Prima del sucesso di Reims si è imposto
nelle corse di Siracusa e Napoli, non valide per il titolo. Di famiglia
benestante, Giancarlo si avvia alle corse ventiduene con un’Alfa Romeo
nel 1956.
Passa di vittoria in vittoria, dalle gare
in salita alle prove di regolarità, sino a piazzarsi secondo nella Mille
Miglia. La svolta arriva nel 1959. Nella Formula Junior si aggiudica la
Coppa Fisa, battendo tutti i migliori italiani fra i quali Bandini.
Questo successo gli offre la possibilità di guidare una Ferrari della
Federazione messa a disposizione dal costruttore modenese. Si allena a
lungo e inizia il ’61 con un 2° posto a Sebring dietro a P.Hill nei
prototipi. Poi irrompe in Formula 1, nelle corse nazionali, frequentate
però da piloti come Gurney, Bonnier, Brabham, Clark.
Vince due volte, in Sicilia e in Campania. E si ripete con il GP di
Reims. Sembra avviato a una carriera brillantissima ma incappa in un ’62
nero della Ferrari. Passa all’ATS senza risultati e per lui comincia il
declino. Si ritira nel ’68, ma continua a frequentare il mondo dei
motori come apprezzato fotografo e giornalista. Muore per un tumore a 60
anni
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SCHEDA
PILOTA
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Giancarlo Baghetti:
nato a Milano il 25 dicembre 1934, morto il 27 novembre 1995
Vittorie con la Ferrari: 1
Pole Position: 0
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John Surtees
Asso in moto e in automobile
Corridore,
tecnico, costruttore: John Surtees è l’unico pilota al mondo ad aver
conquistato titoli mondiali in moto (7 con la MV-Agusta) e in F1. Corre
dal 1951 al ’72. un personaggio a volte spigoloso, ma capace di dare
ottimi contributi alla squadra, soprattutto nella messa a punto dei
telai.
Debutta in auto alla corte di due
talent-scout, Tyrrell e Chapman. Trova da ridire con il fondatore della
Lotus che non lo utilizza a tempo pieno.
Parte per un’avventura con team minori, riesce a farli conoscere.
Maranello gli fa un’offerta e l’ex
centauro accetta, ponendo fine a un periodo difficile nel 1963,
aggiudicandosi il GP di Germania e quello del Mediterraneo (non valido
per il campionato). L’anno dopo conquista il casco iridato: parte
delmerito va a Bandini che lo aiuta in Messico obbedendo agli ordini di
scuderia.
Surtees ha anche un incidente terribile
guidando nel marzo ’65 una Lola T70 a Mosport. Le sue condizioni restano
gravi per qualche giorno, però recupera e in un paio di mesi è di nuovo
in pista. Anche con Ferrari ha un rapporto difficile, concluso con una
rottura di contratto improvvisa dopo le prime due gare 1966. “Poteva
essere-racconta Ferrari-campione per la seconda volta. Ma avava
atteggiamenti polemici nei confronti di Bandini, di Dragoni e dei
tecnici del reparto corse”
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SCHEDA
PILOTA
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John Surtees:
nato a Tatsfield l'11 febbraio 1934
Vittorie con la Ferrari: 4
Pole Position: 4
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Jacky
Ickx
Il Re del Bagnato
Ragazzo
prodigio dell’automobilismo, imbattibile sul bagnato. Ma anche Jacky
Ickx, belga, figlio di un noto giornalista sportivo, in 14 campionati di
F1 non riesce a vincere un titolo.
Partecipa a 116 gare, con 8 primi posti e
13 pole position, correndo per nove diverse scuderie dal 1966 al ’79. A
21 anni, dopo una serie di successi nel campionato turismo, è chiamato
da Ken Tyrell a partecipare al Gp di Germania.
Poi una stagione di transizione e l’approdo in Ferrari.
Dice il costruttore:”Ickx, un connubio di ardimento e di calcolo”. Alla
sua quinta corsa con la 312/68 domina a Rouen il Gp di Francia. E’ –a
22 anni- il più giovane vincitore di sempre, insieme all’americano Troy
Ruttman e a Bruce McLaren.
Ickx accetta un’offerta della Brabham per
il ’69, ma torna a Maranello per quattro stagioni consecutive. Jacky
lotta subito per il titolo, però trova un ostacolo insormontabile nello
sfortunato Jpochen Rindt. L’austriaco, dopo aver vinto cinque gare con
la Lotus, muore in prova a Monza.
Il titolo gli viene assegnato alla memoria. Al belga sono tuttavia
legate memorabili affermazioni con le vetture Sport: cinque Le Mans,
Daytona, Sebring, Brands Hatch, Osterreich Ring e Watkins Glen solo nel
1972.Continua poi l’attività fino ai giorni nostri partecipando ai raid
africani.
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SCHEDA
PILOTA
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Jacky Ickx:
nato Ixelles (Belgio) l’ 1 gennaio 1945
Vittorie con la Ferrari: 6
Pole Position: 11
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Mario
Andretti
L’emigrante dei due mondi
Coraggioso
e generoso, serio professionista è Mario Andretti, istriano d’origine,
idolo d’America. Salito anche alla gloria di Indianapolis.
Per anni fu impossibile averlo in
esclusiva perché guadagnava cifre astronomiche negli Usa. “A lui ho
subito pensato nel 1977 come pilota del dopo Lauda , ma con molto
rammarico per entrambi non si riuscì a trovare un accordo.
E’ diventato diventato campione del mondo
non su una Ferrari e questo dispiace a me , quanto a lui e ai tanti suoi
sostenitori”, scrive Enzo Ferrari.
Emigrante con la famiglia negli Usa, inizia a correre con il fratello
gemello Aldo. E vince tutto, campionati e la prestigiosa Indy 500.
A portarlo in F1 è la Lotus, però Mario
continua a frequentare circuiti americani. Tanto è vero che quando lo
chiama Ferrari, per due stagioni , non scende in pista in tutte le prove
del Mondiale di F1. Ma “Piedone”, così era soprannominato dai tifosi,
lascia subito l’impronta, vincendo la prima gara cui partecipa, il Gp
del Sud Africa nel 1971.
Nel’72 si aggiudica quattro prove con le vetture Sport. Nel’78 è
campione del mondo con la Lotus. Torna a guidare una monoposto di
Maranello nel difficile 1982: pole position a Monza, poi è terzo.
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SCHEDA
PILOTA
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Mario Andretti:
nato a Montona (Trieste) il 28 febbraio 1940
Vittorie con la Ferrari: 1
Pole Position: 1
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Carlos Reutemann
Il pilota “tormentoso e tormentato”
Lo
chiamano “il gaucho triste”. Carlos Reutemann appare come uno dei
piloti più enigmatici degli anni ’70. Velocissimo, dotato di classe
naturale, l’argentino stupisce tutti perché non riesce a conquistare un
titolo mondiale.
Inizia l’attività con vetture turismo e
diventa ben presto il più promettente corridore sudamericano nella
Temporada di F2. I successi gli consenrono di essere scelto
dall’Automobile Club che lo sponsorizza per una stagione in Europa con
la Brabham.
Quando Ecclestone acquista la scuderia inglese, blocca Reutemann dal 1972. Con lo stesso team Carlos conquista tre successi nel ’74 e uno l’anno seguente.
Dopo un campionato di transizione, il
pilota firma un accordo con Enzo Ferrari che lo definirà poi “tormentoso
e tormentato”. Nel 1977 trova un ostacolo insormontabile nel compagno
di squadra Lauda. Quando l’austriaco lascia Maranello, Reutemann
potrebbe aggiudicarsi il Mondiale ’78 (tre vittorie) ma patisce la
concorrenza interna dell’emergente Villeneuve e la lotta con le Lotus di
Andretti e Peterson.
Può ancora vincere il titolo nell’81 alla Williams ma lo perde
all’ultima gara con una prestazione opaca. Abbandona le corse e si dà
alla politica.
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SCHEDA
PILOTA
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Carlos Reutemann:
nato a Santa Fè (Argentina) il 12 aprile 1942
Vittorie con la Ferrari: 5
Pole Position: 2
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Jody
Scheckter
Il sudafricano che mandò Monza in delirio
Irruente
al debutto in F1, Jody Scheckter diventa con il passare del tempo uno
dei piloti più affidabili e costanti della sua generazione. Il
sudafricano inizia con i kart a 12 anni. Determinato, ha un obiettivo:
correre in Europa.
La fortuna lo accompagna. Con una Formula
Ford, vince un concorso titolato “Driver to Europe”, una specie di borsa
di studio che consente ai giovani di fare un anno di esperienza in
Inghilterra. Si mette subito in evidenza.
La McLaren gli offre il debutto in F1. il 1973 è per Scheckter un anno a due
facce: si aggiudica il campionato in Formula 5000 negli Usa e in cinque
GP ne combina di tutti i colori, innescando fra l’altro a Silverstone
una paurosa carambola che mette fuori uso nove vetture.
Il coraggio di Jody incuriosisce Tyrrell
che lo ingaggia. Due vittorie e terzo posto nel mondiale. Un successo
nella stagione 1975. Un altro nel ’76, con una vettura a sei ruote. Il
sudafricano accetta anche la sfida del costruttore Walter Wolf. Con la
vettura del magnate vince la prima corsa e si aggiudica anche i GP di
Montecarlo e del Canada.
Nel
1979 arriva a Maranello e con l’aiuto di Villeneuve conquista il titolo
a Monza. L’anno dopo è un fiasco. Si ritira e mette in piedi
un’industria di tecnologia per la sicurezza. Ora è multimilardario
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SCHEDA
PILOTA
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Jody Scheckter:
nato a East London (Sud Africa) il 22 agosto 1950
Vittorie con la Ferrari: 3
Pole Position: 1
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Renè
Arnoux
"Quelle “sportellate” con Villeneuve
Nel
1983, ormai famoso anche per un duello ruota a ruota con Villeneuve a
Digione (lui con la Renault e il canadese con la Ferrari tengono con il
fiato sospeso milioni di spettatori davanti alla TV),
Arnoux arriva alla Ferrari accanto al
connazionale Tambay. Il piccolo Renè viene dalla gavetta. Coltiva la sua
passione per le automobili da corsa lavorando come garzone d’officina a
Torino dal preparatore Conrero.
Nel ’72 si iscrive alla scuola di
pilotaggio Elf e comincia subito a vincere a mani basse. Fra l’altro
conquista due titoli dell’Europeo di Formula Renault.
Il debutto in F1 avviene in sordina perché la Martini-Ford che guida non è competitiva.
Ma la Renault non si lascia scappare il
suo pilota. Dal 1979, per quattro anni, il francese si conferma fra i
corridori più veloci, vincendo quattro corse. Due stagioni a Maranello
sono dolci-amare per Arnoux. Conquista le simpatie dei tecnici e dei
meccanici e disputa alcune prove favolose. Ottiene anche tre
affermazioni nella prima stagione: Montreal, Hockenheim e Zandwoort.
Contribuisce al successo della Ferrari nella classifica costruttori.
A Dallas parte ultimo, arriva 2°. Agli inizi dell’85, appare
demotivato: Ferrari lo induce ad accettare la separazione consensuale.
Corre sino al 1989 in Ligier.
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SCHEDA
PILOTA
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Renè Arnoux:
nato a Pontcharra (Francia) il 4 luglio 1948
Vittorie con la Ferrari: 3
Pole Position: 4
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Gerhard
Berger
96 corse con il cavallino: un primato
Gerhard
Berger è il pilota che, in assoluto, ha corso di più con la Ferrari in
F1. in due riprese (1987-89 e 1993-95) ha disputato 96 gare. Corridore
affidabile, molto veloce, l’austriaco in due occasioni
ha posto fine a un lungo periodo di
assenza delle vetture di Maranello dal gradino più alto del podio. Nel
finale della stagione ’87 quando si aggiudicò i GP del Giappone e
d’Australia (l’ultimo successo risaliva a quello di Germania ’85) e nel
’94 quando trionfò ad Hockenheim (dopo quasi quattro anni).
Nel suo albo d’oro anche uno splendido successo nel GP d’Italia a Monza (1988).
Berger, a differenza della maggioranza dei piloti delle generazioni
attuali, non comincia con i Kart, ma con il Trofeo Alfasprint nel 1981.
Passa alle ruote scoperte e, dopo un breve
tirocinio in F3, grazie anche alle buone relazioni con la Bmw, debutta
in F1 con l’Ats. Passa alla Arrows e poi alla Benetton, squadra nella
quale si aggiudica la sua prima vittoria in Messico con una monoposto
che monta gomme Pirelli. I buoni risultati gli portano un contratto con
la Ferrari.
Ha un calo nel 1989, anno in cui è protagonista di un terribile
incidente a Imola: un pizzico di fortuna e il pronto intervento dei
soccorritori limitano i danni. Tre stagioni in McLaren con Senna e poi
ancora Benetton. Sempre fra i migliori.
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SCHEDA
PILOTA
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Gerhard Berger:
nato a Woergl (Austria) il 27 agosto 1959
Vittorie con la Ferrari:
5
Pole Position: 7
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Alain
Prost
Record di vittorie in F1
Il
professore. Vince quattro titoli mondiali, secondo solo a Fangio.
Detiene il primato delle vittorie in F1: ne accumula 51 in 13 anni di
attività. Nel suo albo d’oro ci sono 2712 giri in testa per 12.616 km.
Alla Ferrari giunge nel 1990 dopo aver
conquistato tre caschi iridati, nel pieno della maturità agonistica.
Trova una vettura molto competitiva e una squadra altamente
professionale. Nella stessa stagione, pur senza mai volare in pole
position, ottiene cinque primi posti. Alla seconda gara si aggiudica il GP del Brasile.
E inizia l’ennesimo serrato duello con
Senna. Prost ha come compagno nella Scuderia il coriaceo Mansell, che
non si piega ai giochi di squadra. E in Portogallo, nel momento cruciale
della stagione, l’inglese, che parte “al palo”, stringe contro il
muretto dei box il francese. Mansell va a vincere ma Senna soffia il
secondo posto a Prost, portando via punti preziosi. Quando si arriva
all’ultima prova, in Giappone, il brasiliano, bruciato da Alain al via,
provoca volontariamente una collisione.
Entrambi finiscono fuori pista e Ayrton ha il mondiale in tasca.
L’anno dopo la Ferrari non è più così
competitiva. Prost sparla di Maranello ed è lasciato libero alla
penultima corsa. Abbandona e rientra nel ’93 per aggiudicarsi il titolo
con la Williams.
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SCHEDA
PILOTA
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Alain Prost:
nato a Lorette-St.Chamond (Francia) il 24 febbraio 1955
Vittorie con la Ferrari: 5
Pole Position: 0
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Eddie
Irvine
L’irlandese senza paura
Il
debutto di Eddie Irvine in F1 è contrassegnato da un episodio che tutti
ricordano. Alla prima gara, a Suzuka, in Giappone, si piazza al sesto
posto e conquista il suo primo punto.
Ma in corsa si esibisce in sorpassi
azzardati, non ha timori reverenziali neppure nei confronti di Damon
Hill e Ayrton Senna. Pur essendo staccato di un giro, supera all’esterno
il brasiliano per sdoppiarsi, e lo manda su tutte le furie.
Senna vince ma alla fine va ai box dell’irlandese e
l’episodio si conclude con una lite.
Irvine non si impressiona: ha un carattere solido, è un pilota
disincantato che pensa in concreto. Il padre, commerciante di
automobili, lo spinge alle corse.
Nel 1983, a 18 anni, Eddie è in Formula
Ford, quattro stagioni dopo è campione britannico. Diventa un giramondo
dei motori. Dalla F3000 (con due stagioni in Giappone) alla 24 Ore di Le
Mans, dove con una Toyota stabilisce un record sul giro. Il costruttore
Jordan diventa il suo trampolino di lancio e Irvine, pur con una
vettura non molto competitiva, fa ancora vedere doti di combattente.
Nel 1996 raggiunge la Ferrari per fare la spalla a Schumacher. Il suo
compito è preciso e l’irlandese lo svolge con diligenza. Prende punti
per la Scuderia, sale diverse volte sul podio, lavora nei test. Una
garanzia. E’ nel 1999 che conquista la sua prima vittoria, sul circuito
di Melbourne in Australia. Dopo l’incidente di Schumacher a Silverstone
le speranze mondiali della Ferrari ricadono su di lui. Vincerà altre 3
gare (Germania, Austria e Malesia) e salirà
molte volte sul podio, ciò non basterà per portalo alla conquista del
casco iridato ma i suoi successi saranno decisivi per la conquista del
campionato marche da parte della Scuderia di Maranello. Dal 2000 è alla
Jaguar-Ford.
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SCHEDA
PILOTA
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Eddie Irvine:
nato a Newtownards (Irlanda del nord) il 10 novembre 1965
Vittorie con la Ferrari: 4
Pole Position: 0
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Questo è un sito-blog personale non a scopo di lucro.
Si propone di rivivere alcuni frammenti storici della F1:
quella dove la guida delle monoposto apparteneva ai
piloti,
su piste che oggi giudicheremmo assurde, circuiti disegnati
dal computer piuttosto che dal cuore.
Riproduzione Vietata
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