HOME




 Formula 1 nel Tempo.....

Circuiti Storici
Link: MONZA Link; MONACO Link: NURBURGRING Link: SPA-FRANCORCHAMPS Link: SILVERSONE



Pag.3


Link:
Ferrari F1 dal 1950

Pag.1


Schede Tecniche Ferrari
Pag.2





La doppietta di Ascari e l'iride di Fangio

L'unico pilota italiano ad aver vinto il mondiale piloti con la Ferrari, e anche il primo a portarlo alla casa di Maranello, è stato Alberto Ascari. L'impresa gli riuscì addirittura per due stagioni consecutive: 1952 e 1953.
L'Alfa Romeo, con le sue mitiche "Alfetta" 158 e 159, si era ritirata dalle competizioni alla fine del 1951 dopo aver dominato l'automobilismo per oltre un decennio. In quell'anno Ascari, vincendo al Nürburgring e a Monza, aveva cominciato ad insidiare la supremazia di Fangio e della casa del quadrifoglio. All'inizio del 1952 Fangio, passato alla Maserati, ebbe un serio incidente in prova a Monza e fu costretto a saltare tutta la stagione. Toltosi di mezzo l'avversario più pericoloso, per Ascari la vita fu relativamente semplice. Saltò il primo Gran Premio della stagione, quello di Svizzera, vinto dal compagno di squadra Piero Taruffi, e tentò l'avventura nella 500 miglia di Indianapolis, allora valida per il campionato del mondo. Non fu un grande successo per il pilota milanese, anzi: in prova si qualificò al diciannovesimo posto, mentre in gara si ritirò dopo 40 giri. Comunque Ascari si rifece ampiamente dominando le rimanenti sei corse della stagione, stabilendo cinque pole position e cinque giri più veloci in gara.

Nel 1953 ritorna Fangio, ma la musica non cambia: Ascari vince cinque gare su otto, è quarto in Francia, ottavo in Germania, poi a Monza, nell'ultima prova dell'annata, mentre sta disputando la volata per il successo con Fangio e Farina, è vittima di un incidente all'ultima curva detta del porfido, antenata della celeberrima parabolica. Poco male comunque: il milanese si porta a casa il suo secondo titolo mondiale, per sé e per la Ferrari, con la quale in due anni aveva formato un binomio praticamente imbattibile.

Alberto Ascari

Enzo Ferrari and Alberto Ascari Alberto Ascari Carrera Panamericana

Alberto Ascari before a raceAscari in Lancia D50 prior to Pau GP - 1955Ascari winning the British GP with 2nd place Taruffi - 1952Ascari with Enzo Ferrari

Ascari in Lancia D25 - 1954Ascari glancing back at rivalAscari in Ferrari 500 at Spa 1952Ascari in Lancia D50 - 1955

L'iride rosso di Fangio

Per la stagione 1956 Enzo Ferrari ingaggia il miglior pilota del momento, Juan Manuel Fangio. L'argentino si è appena aggiudicato due titoli mondiali con la Mercedes dopo quello del 1951 con l'Alfa Romeo; con le vetture del cavallino cercherà quindi di conquistare il suo quarto iride.
Fangio riesce nell'intento, ma la sua è una vittoria molto sofferta. Nei primi due Gran Premi, quello di casa sua e quello di Montecarlo, ottiene un primo e un secondo posto ma soltanto grazie alla collaborazione dei suoi compagni di squadra Luigi Musso e Peter Collins che gli cedono le proprie vetture, in quanto quella dell'argentino in entrambe le occasioni aveva ceduto per problemi meccanici. In Belgio si ritira senza appello, in Francia è quarto, poi trionfa in Gran Bretagna e in Germania rilanciandosi per la conquista del titolo.


JM Fangio en el GP de Inglaterra
fangio

E' la volta della gara decisiva, quella di Monza. Sono tre i piloti ancora in corsa per il mondiale: Fangio, Moss e Collins. Il pilota inglese della Maserati domina e vince, ancora una volta Fangio è costretto al ritiro dopo 20 giri per noie al motore, ma dopo altri 15 giri Collins, che è secondo, si ferma ai box e cede la macchina all'argentino che conclude così alle spalle di Moss e si laurea ancora una volta campione del mondo.
In quell'occasione Collins dimostrò uno spirito di sacrificio ineguagliabile rinunciando alle sue chances per favorire quelle del quarantacinquenne Fangio: l'inglese era convinto di poter avere in futuro altre possibilità di vittoria iridata. Purtroppo non sarà così: due anni più tardi il ventiseienne Collins morirà in un tragico incidente sul mitico e terribile Nürburgring.


La Lancia Ferrari D50 vince con Fangio il mondiale nel 1956

Dalla Lancia alla Ferrari, la D50 diventa la regina della Formula Uno

Nel 1956, Manuel Fangio conquista il suo quarto titolo mondiale con la Ferrari “8 CL” in pratica l’ex Lancia D50, l’ultima monoposto pilotata da Alberti Ascari. Il dominio della Ferrari è notevole, Fangio, Musso, Collins sono i piloti da battere, tutti al volante della rossa di Maranello, ma la superiorità e la storia della vettura è frutto di una serie di circostanze. Nel 1956, la Mercedes, dominatrice delle due stagioni precedenti di Formula Uno con la W196, decide di abbandonare la partita. Ufficialmente i dirigenti di Stoccarda sono paghi dei successi e della superiorità dimostrata. Dietro ci sono ragioni economiche: gli investimenti nello sport erano stati ampiamente ricompensati dalla produzione di serie, stavano nascendo nuovi modelli da strada che richiedevano un grande impegno, ed aleggiava ancora la tragedia di Le Mans che era costata la vita ad 80 persone, causata dalla Mercedes 300 SLR di Pierre Levegh. Anche in casa Lancia giunge lo stop per le competizioni dopo la morte di Alberto Ascari, ma soprattutto dalla drammatica situazione finanziaria della fabbrica torinese. Da tutti questi presupposti inizia la stagione 1956, di fatto si voltava pagina dopo i due anni targati Mercedes, con i due top driver che prendevano strade diverse, ma entrambe italiane: Fangio approda a Maranello, Stirling Moss a Modena, in via Ciro Menotti, alla Maserati. L’asso argentino trova in Ferrari la ex Lancia D50, ed una squadra con giovani e veloci piloti come Collins, Musso, Castellotti ed il barone belga Gendebien. L’inglese a Modena farà squadra con Jean Berha e Cesare Perdisa.

La Lancia D50

La Ferrari è nata a Torino, in casa Lancia, due anni prima quando il giovane Gianni Lancia decide di produrre auto, di nicchia, ma molto eleganti e ritornare nel mondo delle corse, sfidando Mercedes e Ferrari, per rafforzare l’immagine del marchio. Molte azioni della casa torinese sono tenute dal gruppo Pesenti, ma Lancia, nonostante la fabbrica navighi in brutte acque finanziarie ed i conti sono in rosso assume Vittorio Jano, il grande progettista delle Alfa Romeo della Scuderia Ferrari. Lo stipendio è da fuoriclasse, ma anche le vetture realizzate lo sono. Sotto la progettazione di Jano nascono le sport D23 e la D24 ed in seguito la monoposto D50 di Formula Uno. Poi ci sono i piloti, ed in questo campo Gianni Lancia non si fa mancare nulla, vuole solo i migliori, costi quel che costi. Con un ingaggio sensazionale per l’epoca ingaggia Alberto Ascari, due volte campione del mondo, il migliore tra tutti gli italiani, assieme a Gigi Villoresi. Arriva anche Manuel Fangio, anche lui già campione del mondo con l’Alfa Romeo. Fa qualche corsa di durata con la D24, ma che ben presto emigra alla Mercedes, intuendo che la casa tedesca ha la macchina con la migliore tecnologia, ed i soldi per svilupparla.

La progettazione della D50 ha una storia piuttosto lunga e travagliata, ma quando viene presentata si capisce che Vittorio Jano è ancora uno dei migliori progettisti sul mercato ed i soldi sono stati ben spesi. Il problema però sono proprio i soldi: i Pesenti hanno ormai molte azioni della fabbrica, l’azienda è vicina alla bancarotta e vogliono fare quadrare i conti. La D50 è un gioiello di tecnica per l’epoca, dotata di un brillante otto cilindri a V di 90°, cilindrata 2.486cc per una potenza di 250cv a 8.000 giri, mentre Ferrari continua con il 4 cilindri in linea progettato da Lampredi. La Lancia è dotata di serbatoi laterali per equilibrare le masse, la trasmissione ha un sistema transaxle con il cambio posteriore e ponte De Dion, tra le evoluzioni è già pronta una carrozzeria carenata per i tracciati veloci come Reims e Monza. Il V8 è inclinato di 12° per consentire il passaggio dell’albero di trasmissione alla sinistra del pilota, il tutto per abbassare il telaio e quindi le masse sospese. Intanto Gianni Lancia continua nella sua rivoluzione dell’immagine e fa costruire un grattacielo a Torino, come sede dirigenziale, decorato da Gio’ Ponti. Il grattacielo è realizzato proprio dal gruppo Pesenti che diventa sempre più creditore della Lancia, ormai pesantemente indebitata dalla gestione allegra del suo patron Gianni. La D50 debutta con Ascari e Castellotti, a stagione inoltrata 1954, la messa a punto è piuttosto laboriosa, ma la vettura sembra nata bene, molto maneggevole. La stagione 1955 inizia nel peggiore dei modi: il 26 maggio del 1955 Alberto Ascari muore a Monza. Tre giorni prima aveva corso a Montecarlo con la D50, mentre era in testa è uscito di strada finendo in mare. I sommozzatori lo salvano, per il milanese è uno shock e tre giorni dopo va a trovare l’amico Castellotti che sta girando a Monza con la sua Ferrari 750 sport, chiede al lodigiano di fare qualche giro, giusto per provare i riflessi. Sale sulla sport del Cavallino in camicia e cravatta, parte veloce dai box, dopo tre giri finisce fuori strada alla curva del Vialone, che verrà poi intitolata proprio al campione milanese, perdendo la vita.  Per Gianni Lancia è il colpo da ko. Esce di scena dalle corse, e dopo due mesi viene estromesso anche dalla sua fabbrica. I conti sono pesantemente in rosso, deve cedere il 16% delle azioni ancora in suo possesso al Gruppo Pesenti che chiede immediatamente il suo allontanamento dalla fabbrica. La Mercedes si fa avanti per rilevare il reparto corse, ma in Italia nasce un patto segreto tra ACI, Fiat e Ferrari ed il tutto viene donato proprio alla scuderia di Maranello, mentre la Fiat si impegna a versare alla Ferrari un contributo di 50 milioni di lire per 5 anni per finanziare le corse con le ex macchine torinesi.

Dalla Lancia alla Ferrari

Il 26 luglio del 1955 mentre Gianni Lancia è scappato in esilio forzato in Brasile, i meccanici Ferrari accompagnati da Mino Amorotti e Luigi Bazzi entrano nel reparto corse di via Caraglio a Torino caricando tutto il materiale del reparto corse e le sei monoposto D50. Nell’accordo c’è anche la consulenza di Vittorio Jano che torna a collaborare con Maranello scalzando Aurelio Lampredi dal ruolo di direttore tecnico. Le D50, con i colori Ferrari vengono fatte correre a Monza nel 1955 per testare le differenze di prestazioni con le Ferrari e le Mercedes. Sono sei le Ferrari schierate a Monza, tre 625 con il quattro cilindri di 2,5 litri e tre D50 per Castellotti, Villoresi e Nino Farina. Le Mercedes di Fangio, Moss e Kling dominano le prove e la gara, ma Castellotti e Farina sono subito dietro nelle prove, mentre la prima 625, quella di Maglioli, è dodicesima. In gara saranno le gomme a decidere la sorte delle D50, dopo pochi giri le vetture vengono ritirate con i pneumatici a pezzi. La Ferrari, per contratto, monta gomme Englebert al posto delle Pirelli utilizzate dalla Lancia che non si adattano alle caratteristiche della monoposto torinese.


La D50 mondiale con Fangio

In casa Ferrari iniziano le prime modifiche, i serbatoi vengono integrati nella carrozzeria e le Lancia-Ferrari vengono schierate per la stagione 1956. Per Fangio, il caposquadra della scuderia di Maranello l’anno inizia subito con molte difficoltà: in Argentina ha problemi al motore, ma riesce a salire sulla macchina di Musso e vince dividendo i punti con il pilota italiano. A Monaco c’è il grande duello tra l’argentino e Stirling Moss fino a quando Fangio ha nuovamente problemi meccanici e si ferma ai box. Collins gli cede la sua Ferrari, Fangio inizia una furiosa rimonta che lo riporta alle spalle della Maserati di Moss, che vince con sei secondi di vantaggio. A Spa arriva il primo successo di Peter Collins con la Ferrari, mentre Fangio è di nuovo fermo per problemi alla trasmissione, ma anche Moss è fermo per problemi alla sua Maserati. In Francia l’inglese bissa il successo con la Ferrari, precedendo il compagno Castellotti, Jean Berha e Fangio che arriva quarto, Moss è nuovamente fermo per problemi al cambio. Il campione argentino vince finalmente in Inghilterra a Silverstone precedendo la coppia De Portago-Collins sulla D50. Nuovo capolavoro di Fangio al Nurburgring che precede ben cinque Maserati, con Moss che sale sul secondo gradino del podio. Ad una gara dal termine il mondiale vede in testa Fangio con 30 punti, seguito da Collins e Berha con 22 e Moss con 19, l’ultimo atto a Monza sarebbe stato quello decisivo per la conquista del titolo. Il Gran Premio d’Italia si svolgeva sull’intero tracciato brinatolo, quello di 10 km con stradale ed anello di alta velocità. La D50 di Fangio, dopo 20 giri, è ferma ai box con problemi al motore, trasmissione e sterzo, ma c’è da vincere il mondiale, con le Maserati che vanno forte. Ai box viene chiesto a Musso di cedere la vettura all’argentino, ma il romano si rifiuta “se vuole corra con la sua macchina”. Sarà invece Peter Collins a fare il gesto che cambierà le sorti della gara e del mondiale. Cede la sua D50 all’argentino “tanto sono giovane ed ho ancora tempo per vincere” sono le parole del campione inglese, un gesto di cortesia, di rispetto verso la classe dell’argentino, un favore che diventerà celebre. Fangio riparte con la Ferrari di Collins, cercando di recuperare il tempo perso. Anche la D50 di Musso ha dei problemi ed il romano si ferma. Fangio è secondo alla spalle di Stirling Moss e conquista i punti necessari per il suo quarto titolo, grazie soprattutto al gesto di Collins. Enzo Ferrari apprezzerà molto il comportamento del pilota inglese: una vettura con il cavallino rampante sul cofano è nuovamente mondiale. Da quel momento però le strade tra il pilota argentino e Maranello si divideranno tra varie polemiche. Fangio emigra a Modena, casa Maserati, Ferrari, per il futuro, punta sui giovani piloti: Castellotti, Musso, Collins, ma nessuno di loro riuscirà a conquistare l’alloro mondiale e tutti perderanno la vita nell’arco di un paio di stagioni.

Nel 1957 la D50 viene modificata e diventa 801

La D50 viene modificata per la stagione 1957, i due serbatoi laterali scompaiono e la benzina finisce alle spalle del pilota. la monoposto viene ribattezzata 801 (8 cilindri, 01 Formula Uno), ma le modifiche effettuate vengono subito criticate da Castellotti e Villoresi che avevano contribuito allo sviluppo in Lancia. Scompaiono anche le balestre trasversali sostituite da molle elicoidali. Viene rivista anche la parte meccanica, il V8 ha una nuova cilindrata di 2.489cc con un incremento di potenza che arriva a 275 cv a 8.200 giri. Il cambio, a 5 rapporti, è sempre in blocco con il differenziale. La 801 non riesce a ripetere i risultati della D50, la Maserati 250 diventa la vettura da battere e Fangio la fa volare verso il suo quinto titolo mondiale. Per la 801 è l’unica stagione mondiale, per il 1968 verrà sostituita dalla nuova 246 che riporterà il mondiale a Maranello.


 Hawthorn, con regolarità, nel 1958

Il titolo mondiale della Ferrari probabilmente più sorprendente fu quello conquistato da Mike Hawthorn nel 1958.
In quella stagione la casa di Maranello è ancora una delle vetture più forti, ma l'attacco delle marche inglesi comincia a farsi molto più serio. Stirling Moss, il pilota più forte del mondo dopo il ritiro di Juan Manuel Fangio, corre per la Vanwall, scuderia a quel tempo ai vertici, ma solo per la prima gara in Argentina guida la piccola Cooper con motore a posteriore Climax e, a sorpresa, riesce a battere le Ferrari e le Maserati. Hawthorn è terzo dietro al compagno di squadra Musso. Il duello tra i due piloti inglesi si protrarrà per tutto l'arco dell'annata.

Hawthorn_1953-2 Hawthorn_1958_1 mike_hawthorn_01
hawthorn_nurburgring

ferrari 246_MC_1b

hawthorn_tavoni
Hawthorn_1958_3 hawthorn_07 hawthorn_02


 Mike Hawthorn, il primo campione inglese di F.1

A Montecarlo si ritirano entrambi, in Olanda nuova vittoria di Moss e quinto posto di Hawthorn, piazza d'onore per il ferrarista dietro a Brooks (Vanwall) a Spa con Moss ritirato. E' la volta del Gran Premio di Francia. Hawthorn si aggiudica l'unica gara della stagione battendo proprio Moss, ma la malasorte comincia a colpire la Ferrari. Infatti Musso muore in un terribile incidente dopo 10 giri. In questa occasione Fangio disputa la sua ultima gara.

Il colpo è durissimo per Mike che però è in piena corsa per il titolo: a Silverstone si piazza dietro il suo connazionale e compagno di squadra Peter Collins, ma quest'ultimo perde anch'egli la vita al Nürburgring dove domina Brooks. Altro lutto gravissimo per la Ferrari che vede oltretutto Hawthorn ritirarsi mentre la gara è vinta da Brooks. Nelle ultime tre gare Mike arriva sempre secondo, in Portogallo e in Marocco dietro a Moss e a Monza alle spalle di Brooks. Nella gara nordafricana, l'ultima, il ferrarista acquisisce la certezza del titolo mondiale, aggiudicandoselo con un solo punto di vantaggio su Moss.

L'iride è tutto sommato meritato per Hawthorn, autore di una stagione dalla regolarità impressionante, ma anche di quattro pole position e cinque giri più veloci in gara. Molta sfortuna però per Moss e Brooks, vincitori rispettivamente di quattro e tre gare ma penalizzati dalla fragilità delle loro Vanwall. Alla fine del campionato Hawthorn, colpito nel profondo dalle morti di Musso e Collins, annuncia il suo ritiro dalle competizioni, ma non avrà il tempo di godersi la vittoria mondiale. Tre mesi dopo infatti il gentleman della Formula 1 perirà anch'egli in un incidente stradale, a 30 anni non ancora compiuti.

Phil Hill dopo la tragedia di von Trips.

Phil Hill conquistò nel 1961 il quinto titolo mondiale piloti per i colori della Ferrari al termine di una stagione dominata dalle vetture del cavallino rampante. Fu il primo statunitense ad aggiudicarsi l'iride ma la sua gioia fu offuscata dalla morte del suo diretto avversario compagno di squadra Von Trips a Monza nella gara che si rivelò decisiva per l'assegnazione del campionato.

In quell'aAutonno la Formula 1 cambiò radicalmente il suo regolamento. Le vetture aspirate infatti passarono da un massimo di cilindrata di 2500 cc a 1500 cc: questa formula sarebbe durata fino a tutto il 1965. La Ferrari si dimostrò la vettura più abile ad affrontare il cambio di cilindrata, ma nel primo Gran Premio della stagione, quello di Montecarlo, i portacolori di Maranello furono battuti dalla Lotus-Climax di Stirling Moss, il più grande tra i piloti che non hanno mai vinto il campionato del mondo.

Le rosse di Richie Ginther, Phil Hill e Von Trips si piazzarono nell'ordine alle spalle dell'asso inglese, ma dalla gara successiva a Zandvoort la musica cominciò a cambiare. Von Trips trionfò davanti a Hill, poi a Spa la Ferrari calò un clamoroso poker: Hill primo, Von Trips secondo, Ginther terzo e Gendebien quarto! A Reims i tre piloti ufficiali si ritirarono ma l'esordiente Giancarlo Baghetti salvò l'onore del cavallino portandosi a casa un clamoroso successo tenendo a bada in volata un pilota esperto come Gurney sulla Porsche.

Altro en-plein in Gran Bretagna (Von Trips primo, Hill secondo e Ginther terzo), poi sul Nürburgring, altro circuito dove il pilota contava più della macchina, seconda vittoria di Moss davanti a Von Trips, Hill e al giovane compagno di squadra Jim Clark.

E venne il giorno di Monza. Von Trips ci arriva con quattro punti di vantaggio su Hill e parte in pole position sulla griglia del Gran Premio d'Italia. Al secondo giro, in prossimità della parabolica, la vettura di Clark aggancia quella del ferrarista tedesco che vola sul terrapieno e investe in pieno gli spettatori, uccidendone 14 e ferendone molti altri. Von Trips muore sul colpo, Hill vince gara e titolo mondiale e la Ferrari diserta in segno di lutto l'ultima prova della stagione, quella statunitense a Watkins Glen. Si conclude così un'annata nella quale la casa di Maranello ha dominato le marche inglesi come forse mai nella storia della Formula 1.


 1964: Surtees con fortuna.

Nel 1964 John Surtees, già sette volte campione del mondo di motociclismo, conquistò anche il titolo iridato di Formula 1 al volante della Ferrari. Fu il sesto mondiale piloti vinto dalla casa di Maranello, al termine di una delle stagioni più appassionanti della storia.

Si comincia con il Gran Premio di Montecarlo dove trionfa Graham Hill (BRM), uno dei re del Principato. Jim Clark (Lotus-Climax), campione del mondo uscente, viene attardato da noie al cambio quando è in testa e deve accontentarsi del quarto posto, mentre Surtees si ritira.
 Lo scozzese e il ferrarista arrivano primo e secondo a Zandvoort con Hill quarto, Clark ripete il successo a Spa quando soffia la vittoria alla Brabham di Dan Gurney rimasta senza benzina all'ultimo giro. Hill è quinto.
A Rouen l'unico dei tre ad andare a punti è proprio il "baffo volante", secondo dietro a Gurney, a Brands Hatch Surtees, dopo due ritiri consecutivi, si piazza alle spalle dei due dominatori della prima metà stagione. Clark vince per una manciata di secondi su Hill.
A questo punto l'ex motociclista, che ha un ritardo in classifica di 20 lunghezze da Clark e di 16 da Hill, comincia una miracolosa rimonta, mentre lo scozzese inizia una serie nera di cinque abbandoni di fila che comprometteranno le sue chances di riconquista del titolo.
Sul Nürburgring Surtees fa il bis dell'anno precedente battendo Hill, in Austria trionfa il suo compagno di squadra Lorenzo Bandini. A Monza l'inglese della Ferrari torna alla vittoria, Hill lo fa a Watkins Glen dopo due ritiri consecutivi proprio davanti a Surtees.

Si arriva alla gara decisiva in Messico. Hill è al comando con 39 punti, Surtees ne ha 34 e Clark 30. Lo scozzese e l'inglese della BRM prendono la testa, a questo punto Clark è campione per maggior numero di vittorie perché Surtees è quinto, dietro a Gurney e Bandini. A tre giri dalla fine Clark comincia a rallentare per noie al motore e all'ultima tornata dovrà ritirarsi ma verrà ugualmente classificato quinto. Il campione adesso è Hill, ma quando mancano due giri si ferma anch'egli lungo il percorso. Gurney è in testa seguito da Bandini che rallenta moltissimo per lasciar passare Surtees e permettergli di conquistare quei sei punti che lo laureano, inaspettatamente, campione del mondo.

John SurteesJohn SurteesJohn Surtees

John SurteesJohn SurteesJohn Surtees

John SurteesJohn Surtees

John SurteesJohn Surtees

John Surtees


 1975: Lauda dopo 11 anni.

Il GP d'Italia del 1975 potrebbe entrare nella storia: il ferrarista Niki Lauda, in testa alla classifica, cerca gli ultimi punti per conquistare matematicamente il titolo mondiale.

L'austriaco, scattato dalla pole arriva terzo alle spalle del compagno Regazzoni e di Fittipaldi e conquista l'alloro a undici anni dall'ultimo trionfo in rosso di John Surtees. Una stagione da primattore per Niki, vincitore di ben cinque corse (Montecarlo, Belgio, Svezia, Francia, Stati Uniti) e altri tre piazzamenti sul podio.
Il suo antagonista, Emerson Fittipaldi, alla fine della stagione viene staccato di quasi venti punti (64,5 a 45) e si accontenterà della seconda piazza.
Lauda dominò anche la stagione 1976 ma il terribile incidente del Nuerburgring, lo privò del meritato bis.La causa non fu, come tutti ricordano, la rinuncia dell'austriaco di correre l'ultima gara ma, soprattutto, la remissività del suo compagno di squadra, Clay Regazzoni, che si fece superare, nel corso dell'ultimo giro, da James Hunt che conquista così il titolo.

1977: Lauda di nuovo re.

Niki Lauda nel 1977 conquista il suo secondo titolo mondiale al volante della Ferrari.Il pilota austriaco fece il bis iridato ma a fine stagione divorziò dalla casa di Maranello che non gli aveva perdonato il suo abbandono nel Gran Premio del Giappone del 1976 a causa della pioggia battente, regalando il titolo alla McLaren di James Hunt.
Dopo un ritiro nella prima gara dell’anno in Argentina, Niki arriva terzo in Brasile, primo in Sudafrica e secondo a Long Beach. In Spagna nuova decisione clamorosa dell’austriaco che dopo il warm-up dichiara forfait a causa di un dolore alle costole. Altre due piazze d’onore a Montecarlo e in Belgio, ritiro in Svezia e quinto posto in Francia. Con quest’ultimo piazzamento Lauda scavalca Scheckter in vetta alla classifica mondiale; siamo metà campionato e Niki non mollerà più il comando fino alla fine.
Nelle cinque gare successive l’austriaco arriva sempre sul podio: è secondo in Gran Bretagna, primo in Germania (ad Hockenheim, non al Nürburgring), secondo in Austria, primo in Olanda e secondo a Monza. Nel Gran Premio degli Stati Uniti si piazza quarto e conquista matematicamente il titolo iridato. Quella però è l’ultima gara di Lauda al volante di una Ferrari: infatti Niki se ne va sbattendo la porta e firmando un accordo con la Brabham-Alfa Romeo: nelle ultime due gare, in Canada e in Giappone, il suo posto verrà preso da un giovanissimo canadese, Gilles Villeneuve.

Niki LaudaSolitary carLauda leads Monaco

Niki LaudaIn the Ferrari pitsNiki LaudaNiki Lauda

Ferrari under an umbrella - 1975

Niki Lauda



                   Niki Lauda e James Hunt


Niki Lauda e James Hunt

C’è stato un tempo in cui gareggiare in Formula 1 significava correre in bilico lungo il filo del rischio. Allora una sfida si traduceva in un lancio di dadi contro la sorte, un guanto gettato a terra a dimostrare temerarietà. Compiuto quel gesto, non restava che gettarsi a capofitto nel turbine degli eventi successivi: partire, affrontare il percorso con il pensiero fisso al traguardo senza riflettere su quanto si trovasse nel mezzo. La distanza che separava il via dalla fine della corsa prevedeva agguati di ogni genere, inclusa la morte.
Negli anni precedenti al 1976 durante i mondiali di Formula 1 morirono dodici piloti. Questo dato si era conficcato come un chiodo nella mente di chi quel circuito lo attraversava alla massima potenza, guidato da un’irrefrenabile sete di vittoria. I piloti convivevano giorno per giorno con l’eventualità della morte.

. Non la consideravano un imprevisto, come accade oggi, tenendo conto che i progressi fatti dalle norme di sicurezza riducono la fatalità a margini ristretti. Ogni volta, usciti indenni da una gara, si presentava l’occasione per celebrare la semplice realtà di essere vivi. La vertigine del vuoto non appariva follia, ma bisogno: un modo per scoprire a fondo la vita nel timore stesso di esaurirla. I motori rombanti si accendevano nello scontro dell’uomo con il suo nemico di sempre, il destino. Le monoposto erano schierate sulla linea di partenza, non costituivano altro che un moderno esercito automobilistico composto dai cavalieri del rischio.

L’ambizione alla vittoria è da sempre una prerogativa essenziale per affrontare una sfida, ma il vero campione sembra dotato di una speciale tendenza al trionfo, che lo differenzia dagli altri. Come se un’entità superiore gli avesse consegnato le carte vincenti. Gli anni Settanta erano l’epoca di una Formula 1 ancora pionieristica.

Per praticarla di certo ci voleva fegato o, forse, un certo spirito di ribellione. Fu questa caratteristica ad accomunare da subito i protagonisti del duello più acceso sulle piste di quel periodo.

Due campioni complementari

L’austriaco Andreas Nikolaus Lauda e l’inglese James Simon Wallis Hunt discendevano da famiglie facoltose, potevano vantare strade spianate nella carriera lavorativa, uno stile di vita agiato, poche preoccupazioni. Il padre di Lauda, Hans, era un ricco banchiere che prevedeva per il figlio un futuro nella gestione dei titoli in Borsa. Allo stesso modo, il padre di Hunt sognava una laurea in medicina a completare la disposizione di cornici sopra il camino. Entrambi restarono delusi.

In cuor loro Niki e James sentivano che, se avessero seguito quelle direttive, sarebbero diventati rispettivamente un pessimo banchiere e un pessimo medico. Non fu certo la disperazione o la ricerca di denaro a condurli su quei circuiti infiammati dalla fatalità, ma qualcos’altro; un battito pulsante che solo loro conoscevano e seguiva il suono delle ruote contro l’asfalto.

Hunt aveva imparato a guidare da bambino, a bordo di un trattore: il suo sembrava un innocuo passatempo durante le vacanze estive, ma non era così. A diciassette anni assistette con alcuni amici ad una corsa di Mini, disputata a Silverstone, e capì che quello sarebbe stato il suo mondo. L’inizio si rivelò difficile: per procurarsi i soldi necessari a disputare le gare lavorò in una compagnia telefonica. Aveva abbandonato il suo status di rampollo di buona famiglia pur di conquistare da sé il proprio prestigio.

Non andò diversamente per Lauda, le cui aspirazioni furono altamente osteggiate dai genitori che, da parte loro, temevano di essere screditati agli occhi dell’alta società. Compì il suo primo atto di ribellione ritirandosi dall’università e proseguì chiedendo un prestito ad alcune banche del Paese per l’acquisto della sua prima vettura. Costretto a partire dal fondo, iniziò a gareggiare in Formula Cinque continuando fino all’esordio in Formula Tre con la McNamara, un auto dalle basse prestazioni. Dovette attendere il 1970 per giungere alla Formula Due al volante di una March, la scalata però richiese un nuovo prestito bancario di circa trentacinquemila sterline.

La Ferrari di Lauda Nonostante ogni sforzo, non era considerato nessuno, era oberato dai debiti e disapprovato dalla famiglia, oltretutto la gente fissandolo sosteneva che non avesse affatto l’aspetto di un pilota.

Una capacità, però, Niki l’aveva: sapeva ascoltare la vettura, riusciva ad individuarne ogni minimo difetto. Il direttore del team March, Robin Herd, comprese che quel giovane aveva qualcosa di speciale e non tardarono le conferme con il debutto in Formula 1 nel Gran Premio d’Austria del 1971.

La scalata non cessò neppure con il passaggio alla scuderia BRM dove Niki conobbe il pilota svizzero Clay Regazzoni. La complicità con quest’ultimo, che riconobbe le sue ottime doti di collaudatore, gli valse l’ingresso nel prestigioso team di Enzo Ferrari.

In parallelo proseguiva l’ascesa di Hunt che, per le sue frequenti vittorie in Formula Tre, era già stato premiato come uno dei piloti inglesi più promettenti per il futuro. Venne assunto da Lord Alexander Hesketh per gareggiare in Formula Due e successivamente, con un ardito salto di classe, in Formula 1 nella quale debuttò al Gran Premio di Monaco del 1973. Il salto fu, appunto, ardito perché ben presto Lord Hesketh cadde nella rovina economica e, in mancanza di sponsor, non ebbe alternative al ritiro. Improvvisamente Hunt si ritrovò sprovvisto di scuderia, un colpo duro per il pilota inglese.

L'esordio di James Hunt a bordo della Hesketh

A Zandvoort il 22 Giugno 1975 James Hunt a bordo della Hesketh motorizzata Ford si aggiudica il Gp di Olanda, conquistando la sua prima vittoria nella massima competizione motoristica, con un secondo di vantaggio sulla Ferrari 312 T di Niki Lauda.

Trascorsero mesi difficili, poi ben ricompensati dall’approdo in McLaren in seguito al ritiro del pilota Emerson Fittipaldi. Venne ingaggiato con un contratto di appena 200mila dollari, il più basso mai stipulato, che non teneva conto del suo potenziale. Quello stesso anno sarebbe diventato campione del mondo.

Inseguivano i loro sogni Niki e James, ciascuno secondo la propria inclinazione, ma spinti dal medesimo desiderio di sfrecciare sulla pista. Meticoloso, Lauda si preoccupava di migliorare le prestazioni meccaniche della propria vettura, mentre l’obbiettivo di Hunt era spingersi oltre i propri limiti, premendo l’acceleratore con forza. Intendevano arrivare al vertice, sapevano di averne le qualità, per farlo impiegarono ogni lato della propria personalità. James Hunt venne soprannominato The Shunt, lo Schianto, non solo per le sue caratteristiche fisiche, ma anche per la tendenza all’alta velocità che lo portava a sfasciare le macchine.

Niki Lauda si aggiudicò l’appellativo di Computer per la sua capacità di mettere a punto un mezzo meccanico. Sembravano diversi, eppure erano così simili: accomunati dalle stesse origini, dal talento naturale mischiato alla fatica del principiante, con l’aggiunta della stessa attesa speranzosa e caparbia del successo. Erano intrecciati fra loro come lo Yin e lo Yang, amici fuori dalla pista, tanto da condividere all’inizio della carriera uno stesso appartamento a Londra, eppure rivali all’interno del circuito di gara. E, che lo riconoscessero o no, avevano bisogno l’uno dell’altro per mostrare al mondo il meglio di quanto potevano dare. Pensando ad Hunt, Lauda disse: «Le nostre vite si sono sempre incrociate. Per tanti aspetti eravamo uguali. Quando lo guardavo negli occhi, capivo esattamente quello che provava. Ho sempre nutrito un grande rispetto per lui in gara. Era un grande pilota».

Ferrari vs. McLaren

Lauda si espresse senza mezzi termini di fronte ad Enzo Ferrari quando gli disse: «Questa macchina è una merda. Non curva bene, niente equilibrio». A Ferrari dei piloti importava ben poco, ma per le sue auto aveva la massima considerazione e il suo principale interesse era vincere. Così accolse l’esortazione dell’austriaco a migliorare la vettura, apportando dei cambiamenti che avrebbero aumentato la velocità di mezzo secondo.

Quel ragazzo gli era simpatico perché diceva la verità, non lo prendeva in giro, forse capì che la schiettezza di Niki non era volta ad offendere ma a provocare un mutamento. Il suo arrivo, in effetti, non modificò solamente la prestazione delle auto, fece ben altro: in quegli anni per la Ferrari piovvero i successi.

La Rossa ottenne la pole position per nove volte e nel 1975, l’anno successivo, Lauda vinse il suo primo titolo mondiale trionfando nei GP di Montecarlo, Belgio, Svezia, Francia e Usa. I debiti e i prestiti bancari a quel punto non erano che un lontano ricordo e chiunque vedesse Niki riconosceva in lui un pilota.

La fortuna girava anche per la McLaren di Hunt che, all’inizio del 1976, si guadagnò due vittorie ed un secondo posto nei primi nove Gran Premi. La competizione iniziava a fendere l’aria come un coltello: Niki e James avevano una schiera di tifosi alle spalle e altrettanta consapevolezza dei propri meriti. Finalmente l’immagine che il mondo rifletteva di loro era la stessa che avevano sempre avuto nel cuore. Consapevoli del rischio e, allo stesso modo, sprezzanti di correrlo, si impossessarono di quelle curve come dei sentieri delle loro vite, preparati ad affrontare le insidie con l’identico ardore. Come sempre, però, fra l’innocente svolgersi di quei circuiti era teso il pericolo pronto a giocare la sua parte.

Il dramma del Nürburgring

Agosto 1976, Gran Premio di Germania. La gara si disputò sul Circuito del Nürburgring sotto una pioggerellina fitta ed insidiosa. Si correva su una pista di 22,8 chilometri in cui erano morti 131 piloti in meno di cinquant’anni. Questa tragica premessa venne ricordata soltanto a posteriori, in seguito alla drammaticità degli eventi che seguirono. Le condizioni atmosferiche erano pessime: Lauda non voleva gareggiare. Hunt invece sì. Alla gara non si rinunciò, vennero montate le gomme da bagnato e ci si apprestò a partire. Terminato il primo giro il cielo si placò obbligando i piloti ad un’imprevista sosta ai box per cambiare le gomme.

Il terribile incidente del

L' incidente di Lauda al Nürburgring
Mancavano pochi minuti allo scatenarsi dell’inferno, Lauda era in ottava posizione impegnato in un avvincente testa a testa con Hunt. Alla Bergwerk, la curva più lontana dai box, a cui segue un tracciato misto a rettilineo di oltre 20 Km, perse completamente il controllo della vettura. La Rossa uscì dal rettilineo schiantandosi contro una roccia, l’urto la rigettò in pista avvolta in una pira di fiamme. Niki si ritrovò imprigionato nella macchina, inerme, la violenza dell’impatto l’aveva privato del casco di protezione. Nessuno scudo poté proteggerlo dall’innalzarsi del fuoco. I colleghi subirono le conseguenze del disastro: Guy Edwards riuscì ad evitare lo schianto, ma Harald Ertl e Brett Lunger lo tamponarono. Furono loro i primi a rendersi conto della gravità della situazione, vedendo il campione del Mondo ridotto ad una fiamma incandescente. Accorsero subito tentando l’impossibile per estrarlo dalla monoposto, aiutati da Arturo Merzari poco dopo. Niki venne estratto dalle lamiere contorte in uno stato irriconoscibile: il volto ricoperto di ustioni, nero di carbone e rosso di sangue. Si temeva per la sua vita, ma la corsa proseguiva.

Nell’ospedale di Mannheim Lauda lottava per sopravvivere, mentre nel maledetto Nürburgring James Hunt saliva sul gradino più alto del podio.

Non furono le ferite al volto le conseguenze più gravi dell’incidente, ma le condizioni dei polmoni. Niki aveva inalato tossine emesse dal carburante, dovettero trascorrere quattro giorni perché fosse dichiarato fuori pericolo. La sua speranza di vita sembrava minima, tanto da rendere ammissibile l’estrema unzione. La moglie Marlene lo assisteva con gli occhi pieni di lacrime, costringendosi ad essere forte dopo il trauma iniziale che le procurò uno svenimento per lo shock. Adesso era perfettamente consapevole di aver sposato un pilota e non un tennista, come aveva creduto al loro primo incontro.

Benché in ospedale il tempo apparisse sospeso, sui circuiti la vita non si arrestava: James Hunt guadagnò un quarto posto in Austria, un trionfo in Olanda e due vittorie consecutive in Canada e Usa. Sul podio si notava, però, l’assenza del suo avversario numero uno.

Trascorsi quarantadue giorni dall’incidente Lauda tornò alle corse, era già stato abbastanza a lungo lontano dalla normalità. Indossava un casco modificato per non urtare le ferite ancora sanguinanti, faticava ancora a vedere attraverso le palpebre ricostruite, ma non intendeva darsi per vinto. Gareggiò al Gran Premio d’Italia aggiudicandosi la quarta posizione, quindi i punti necessari alla lotta per il titolo finale.

La gente non riusciva a guardare Lauda con gli stessi occhi di prima, però lui sapeva di non essere cambiato e continuare a correre era il suo modo per dimostrarlo. Proseguì il suo leggendario duello con Hunt fino al Circuito del Fuji in Giappone. Ad accoglierli fu una pioggia torrenziale. Le vetture in corsa si schiantavano contro i muri d’acqua, le ruote correvano su un velo liquido, ed il sentore del pericolo era palpabile. Al secondo giro, Lauda dichiarò il ritiro sostenendo di essere pagato per guidare non per ammazzarsi.

Lo stesso non valeva per Hunt, che non desistette. Al 62° giro era in testa, ma fu costretto a rallentare per conservare gli pneumatici e, a cinque giri dal termine, si ritrovò quinto. Affrontò l’ultima parte della corsa al limite della follia, sfrecciando su fiumi d’acqua e sfidando la sorte a colpi di acceleratore. La sua imprudenza fu ricompensata: conquistò il terzo gradino del podio e il titolo mondiale divenne suo.

Fine di una corsa

A James Hunt quella vittoria fu sufficiente per porre il sigillo alla propria carriera. Si sentiva appagato e decise di andarsene, voleva essere ricordato come un vincente. Saltuariamente continuò a dedicarsi alla Formula 1, sostituendo per un breve periodo Prost alla McLaren, ma ormai la sua sete di vittorie era stata placata. Proseguì la propria vita sregolata sotto le luci dei riflettori, reinventandosi come presentatore per la Tv britannica. E la morte lo sorprese all’improvviso, fulminante quanto la velocità delle sue sfide, stroncandolo con la violenza di un infarto a quarantacinque anni.

Niki Lauda, invece, le corse non le avrebbe lasciate, dopotutto aveva i segni di quella passione impressi come stigmate sul volto. Si consacrò ancora due volte campione mondiale, prima di dedicarsi alla gestione delle sue compagnie aeree la Lauda Air e la Niki. Ancora oggi il suo volto muto racconta che cos’era la Formula 1 quando i piloti vivevano la competizione come cavalieri del rischio.




1979:Il trionfo di Scheckter

9 settembre 1979: una data molto cara a tutti i tifosi della Ferrari. Quel giorno, infatti, Jody Scheckter, trionfando a Monza davanti al compagno di squadra Gilles Villeneuve, conquistava l’ultimo titolo mondiale piloti, finora, per la casa di Maranello.
Le due Renault turbo di Jean Pierre Jabouille e René Arnoux partono dalla prima fila della griglia avendo ottenuto i due migliori tempi, mentre Scheckter e Villeneuve si piazzano rispettivamente terzo e quinto. Jacques Laffite, l’avversario più pericoloso in classifica per i due ferraristi, si avvia dalla quarta fila col settimo tempo.
Al semaforo verde Scheckter scatta in testa ma Arnoux lo passa alla prima variante. Villeneuve protegge il compagno di squadra dagli attacchi di Laffite. Dopo 14 giri il turbo della gialla vettura francese cede e Arnoux è costretto al ritiro. Le Ferrari sono ora in testa con Laffite che tenta inutilmente di attaccarle. A otto giri dal termine il pubblico esplode, insieme al motore Ford della Ligier del transalpino.
La festa sul podio e in pista è memorabile. Scheckter conquista gara e titolo grazie anche al comportamento esemplare di Villeneuve, secondo sia nel Gran Premio d’Italia che in classifica mondiale. La casa di Maranello, ovviamente, conquista anche l'iride dei costruttori.


La fine di un'incubo

Michael Schumacher è riuscito, dopo cinque anni, a raggiungere lo scopo prefissato al momento della firma del contratto con la Ferrari; riportare a Maranello il titolo mondiale piloti.
Per venti volte il nome del pilota scritto nell'albo d'oro, non era associato alla Ferrari, un periodo doppio rispetto al record negativo precedente quando Niki Lauda vinse il mondiale nel 1975, undici anni dopo quello di John Surtees.
Iniziò allora il periodo d'oro della Ferrari con quattro titoli costruttori e tre piloti, due con Lauda e uno, nel 1979, con Jody Scheckter.
Gli anni ottanta furono caratterizzati da errori nella gestione della squadra che non hanno permesso ad altri piloti di raggiungere la vittoria finale.
Non dobbiamo considerare il 1982 perchè, quell'anno, la Ferrari era veramente la vettura da battere ma, la tragedia di Gilles Villeneuve e l'infortunio di Didier Pironi, hanno portato solo alla conquista del titolo costruttori.
Finalmente, nel 1988, alla guida della Ferrari arriva Cesare Fiorio il quale capisce che, se si vuole vincere, non basta avere la vettura migliore, serve anche il pilota migliore come dimostrava la McLaren che, con piloti del calibro di Senna e Prost, riusciva a vincere gare e campionati a ripetizione.
Sono ingaggiati Mansell e Prost e, nel 1990, la Ferrari è nuovamente competitiva e si gioca il titolo con la McLaren di Senna.
Vince il brasiliano malgrado avesse una vettura certamente inferiore.
E' proprio in quell'anno che la dirigenza Ferrari commette un altro errore.
Fiorio ha già un pre-contratto con Senna per il 1992 ma, i vertici della Fiat, preferiscono Prost e licenziano Fiorio con il risultato che la stagione 1991 è disastrosa e, alla fine, anche Prost viene cacciato.
La scuderia ripiomba così nella mediocrità fino alla firma di Schumacher nel 1996.

Da allora per quattro volte la Ferrari è stata in lotta fino all'ultima corsa e, finalmente, l'inizio del nuovo millennio la vede ancora sul gradino più alto.


Il 2000: anno di record per la Ferrari

 Dopo la vittoria in Malesia, la Ferrari ha stabilito il record di vittorie stagionali.La scuderia di Maranello ha infatti vinto dieci gare nel 2000, nove con Michael Schumacher (Australia, Brasile, San Marino, Europa, Canada, Belgio, Italia, U.S.A., Giappone e Malesia) e una con Rubens Barrichello (Germania).Il record precedente era di sette vittorie ottenute nelle stagioni 1952 e 1953.
Nel ’52 i successi furono ottenuti da tre piloti diversi: Alberto Ascari (in Belgio, Francia, Gran Bretagna, Germania, Olanda, Italia), Troy Ruttman (Indianapolis) e Piero Taruffi (Svizzera).


Nel '53 invece i vincitori in "Rosso" furono Ascari (Argentina, Olanda, Belgio,Gran Bretagna, Svizzera), Mike Hawthorn (Francia) e Nino Farina (Germania).
La differenza a favore della Ferrari attuale è che nel 1952 presero parte al campionato cinque piloti di Maranello mentre nel '53 furono quattro, a differenza dei soli Schumacher e Barrichello di adesso.

Michael Schumacher ha anche eguagliato il suo record di vittorie in una sola stagione, anche nel 1995 vinse nove gare.Eguagliato anche il record di punti, 108, stabilito da Mansell nel 1992.


Mai così facile.

Michael Schumacher ha vinto il suo quarto titolo a mani basse. Nella mia memoria, l'unico caso simile di strapotere risale al 1992, quando Nigel Mansel dominò il campionato e fu matematicamente campione già dopo undici gare e proprio dopo il G.P. di Ungheria. La differenza però è fondamentale; Nigel vinse grazie ad una macchina imbattibile mentre Schumacher grazie al suo talento. La Ferrari non è imbattibile, lo dimostrano le mediocri prestazioni di Barrichello che, pur non essendo un gran pilota, si è sempre dimostrato sopra la media.
Quest'anno Schumacher ha dimostrato, come non mai, tutto il suo talento. Libero dall'assillo di dover vincere ad ogni costo, è autore di gare "perfette" supportato naturalmente, da una vettura affidabile come, forse, non se ne sono mai viste. Ora tutti i giornali parlano di record che il tedesco batterà. Probabilmente sarà così ma, se fossi in Michael, farei tutti gli scongiuri del caso. Sette anni fa, si scrivevano le stesse cose quando Senna firmò per la Williams. Intanto è a un passo dal quinto titolo e ha battuto il record di punti stagionale; 123.


2002:Dominio assoluto.

Non è la prima volta che una scuderia di Formula 1 domina il campionato nei confronti degli avversari. Quest'anno è toccato alla Ferrari, ma in passato McLaren e Williams, sono anch'esse riuscite ad imporre la loro supremazia sulla concorrenza in un determinato periodo.
Una differenza interessante tra la Ferrari e le due scuderie britanniche è che queste ultime lasciavano la loro coppia di piloti duellare in pista, mentre Michael Schumacher e Rubens Barrichello sono sempre stati gestiti da ordini impartiti dai dirigenti della squadra.
Tuttavia nel 2002 la Ferrari ha stabilito record a ripetizione, ottenendo dei risultati che sicuramente rimarranno imbattuti nella storia dell'automobilismo mondiale per molto tempo.
Quando è stata scoperta nel giorno della sua presentazione, la F2002 ha suscitato subito un coro unanime di apprezzamenti. Nonostante non avesse ancora percorso alcun giro in pista, la nuova monoposto di Maranello ha immediatamente stimolato la fantasia di tifosi, appassionati e addetti ai lavori, i quali sognavano una Ferrari imbattibile.
I loro desideri sono stati accontentati. I ‘Geni della lampada' della Scuderia italiana, ossia gli ingegneri e progettisti, hanno costruito una macchina che era destinata ad entrare per sempre negli annali della Formula 1. Un cambio rivoluzionario a fusione in titanio, un'aerodinamica completamente rivista per ottimizzare i flussi d'aria e tante altre migliorie hanno permesso alla Rossa di volare verso la gloria.
Nel primo test con la F2002 Michael Schumacher ha polverizzato subito i record del circuito di Fiorano. L'unica preoccupazione derivava dal cambio di nuova concezione, ma questi pensieri hanno presto lasciato spazio al sogno di una Rossa invincibile che è divenuto realtà.
I numeri di questa stagione parlano da soli : 221 punti nel campionato costruttori, è la cifra che si ottiene se si sommano i punti segnati da tutte le altre scuderie, dalla Williams alla Arrows. 15 vittorie su 17 Gran Premi. A Monaco vinse meritatamente David Coulthard, ma per sua fortuna Schumacher non riuscì a segnare la pole posisition. A Sepang invece s'impose il fratellino, ma la gara di Michael fu certamente penalizzata dal contatto con Juan Pablo Montoya alla prima curva.
Se Williams e McLaren non riusciranno a produrre un pacchetto decisamente più competitivo rispetto a quello di quest'anno, Michael Schumacher ‘rischia' di diventare il ‘Michael Jordan' della Formula 1.
Nonostante l'audience della categoria regina ha subito un netto calo e il momento negativo dell'economia mondiale si è fatto sicuramente sentire, quest'anno l'Italia può godersi questa Ferrari da record che ha infiammato le domeniche degli italiani con le prodezze di Rubens Barrichello e Michael Schumacher e con una F2002 che senza ombra di dubbio è forse la vettura più competitiva che sia mai stata costruita.
A Interlagos, dove la Ferrari ha impiegato per la prima volta questa ‘Astronave', sulla griglia di partenza del Gran Premio i capi scuderia sono andati tutti ad ammirare questo gioiello tecnologico che ha distrutto la concorrenza fin da subito ed ha permesso a Michael Schumacher di salire sul podio in tutte le corse di questa stagione.(I primi due Gran Premi con la F2001).


2003: Schumi, 6 leggendario!

Michael Schumacher, 8° nel GP del Giappone dominato da Barrichello, si aggiudica il sesto titolo mondiale, la Ferrari vince il 13° mondiale costruttori.

Grazie anche alla gara perfetta di Rubens Barrichello, Michael Schumacher al termine del Gran Premio del Giappone a Suzuka si porta a casa il suo sesto titolo mondiale, uno in più di Juan Manuel Fangio, il quarto consecutivo, ed entra definitivamente nella leggenda non solo della Formula 1 ma di tutto lo sport. E’ stata una gara al cardiopalma per quasi tutta la sua durata, con Michael costretto a partire quattordicesimo in griglia a causa della pioggerella che lo ha frenato in qualifica, poi, per giunta, mentre era in piena rimonta, al sesto giro si è toccato con l’idolo locale Takuma Sato, neosostituto di Jacques Villeneuve alla BAR, e ha dovuto fermarsi ai box per cambiare l’alettone anteriore danneggiato e ha anticipato così il primo rifornimento. Piano piano, Schumi ha guadagnato altre posizioni, ha battagliato col fratello Ralf, lo ha sorpassato al terzo e ultimo pit-stop e infine lo ha costretto a tamponarlo leggermente quando Da Matta ha frenato improvvisamente davanti a entrambi obbligando il ferrarista a cambiare traiettoria. Schumi ha tagliato il traguardo ottavo, conquistando il punticino che gli serviva per assicurarsi la certezza matematica del titolo.

La Ferrari si aggiudica, oltre il suo tredicesimo titolo piloti, anche il tredicesimo mondiale costruttori, il quinto consecutivo, e il contributo maggiore stavolta è arrivato da Rubens Barrichello che, partito in testa, è stato superato nel corso del primo giro da Juan Pablo Montoya ma ha approfittato del ritiro del colombiano dopo nove giri per un problema di idraulica, e ha dominato tutta la gara, cogliendo la settima vittoria della carriera e chiudendo quarto nel mondiale avendo beneficiato degli zeri di Ralf e Alonso. Il brasiliano ha assolto fino in fondo al compito che aveva in questa gara: impedire di vincere a Kimi Raikkonen, l’ultimo che ancora poteva togliere il titolo a Schumi. Nel corso del 15° giro, per il gioco dei pit-stop, con Kimi primo e Schumi fuori dai punti, il finlandese era campione del mondo: ma è stato un attimo, anche se il timore di una beffa per i tifosi della Ferrari è stato sempre dietro l’angolo fino agli ultimi dieci giri. La Ferrari ha adottato la tattica delle tre soste, Raikkonen, secondo alla fine, ha tentato l’azzardo disperato delle due soste, una in meno anche del suo compagno di squadra David Coulthard, che ha chiuso terzo proteggendolo negli ultimi giri, ma non è bastato. Raikkonen ha lottato come un leone per tutto l’anno e ha chiuso a due punti da Schumi vincendo solo un Gran Premio, ma se la McLaren-Mercedes avesse vinto il titolo con la vettura, sia pure modificata, dell’anno scorso, la cosa avrebbe avuto del sensazionale nella Formula 1 di oggi.

Per quanto riguarda gli altri, la Williams ha buttato via il mondiale costruttori con una serie di errori incredibili nelle ultime gare e oggi, a parte la sfortuna di Montoya, Ralf ha fatto una gara disastrosa condizionato dai soliti complessi di inferiorità nei confronti del fratello. L’attenuante di partire in ultima fila del tedesco regge solo in parte: Jarno Trulli, che partiva di fianco a lui, ha fatto invece una gara fantastica arrivando quinto anch’egli con due sole soste, esattamente come le due BAR di Jenson Button, quarta, e Sato. Il giapponese, al rientro in Formula 1 dopo un anno, ha chiuso sesto dopo che dodici mesi fa aveva era stato quinto proprio sulla pista di casa, e questi sono i suoi due unici piazzamenti in zona punti in carriera. Anche Fernando Alonso, il campione di domani, si è ritirato per colpa del motore mentre era in lotta con Barrichello. Inesistenti come al solito Giancarlo Fisichella, che finalmente lascia la Jordan, e le due Minardi. Si conclude così un’annata equilibratissima e, nelle sue ultime fasi, davvero entusiasmante, ma che vede Michael Schumacher trionfare meritatamente ancora una volta: passano gli anni ma la voglia di vincere di Schumi non si spegne mai e trascina con sé tutti gli uomini della Ferrari. E’ forse questo il merito più grande del campione tedesco, che da oggi guarda tutta la storia della Formula 1 dall’alto in basso. Che la festa cominci, a Suzuka, a Maranello e a Kerpen.


2007: Raikkonen per un punto!

_Michael Schumacher sussurra qualcosa a Kimi Raikkonen sul podio di Monza 2006, forse una premonizione. Dopo poco più di 12 mesi, il pilota finlandese, sostituto in Ferrari del "Re", vince il titolo mondiale piloti e la Ferrari il 15° costruttori.

Il debutto al volante della Ferrari F2007, la nuova macchina della Scuderia Ferrari, avvenne il 30 gennaio 2007 a Valencia. Raikkonen si dichiarò ambizioso di voler gareggiare ad armi pari con l'altro pilota della Ferrari, ovvero Felipe Massa.
Iniziò la stagione vincendo il Gran Premio d'Australia dove ottenne pole position e giro più veloce (solo Juan Manuel Fangio e Mansell erano riusciti a fare altrettanto al debutto con una Ferrari). Le due gare successive gli fanno conquistare due terzi posti, il primo in Malesia, dove il motore era stato limitato nei giri a causa di una piccola perdita d'acqua sul finire del Gp d' Australia, ed uno in Bahrein, dove però ha un po' deluso e ha sofferto il passaggio alle gomme Bridgestone. Nel GP di Spagna, invece, fu costretto al ritiro a causa di un problema elettronico, che lo ha privato di un sicuro posto sul podio. A Gran Premio di Monaco iniziò male il week-end, a causa di un errore nella seconda qualifica, che lo costrinse a partire sedicesimo dopo aver danneggiato irrimediabilmente la sospensione anteriore. In gara rimontò fino all'ottavo posto, guadagnando un punto iridato, grazie ad una buona partenza e ad un ottimo lavoro del box Scuderia Ferrari. Dopo un'infelice doppia trasferta in Canada dove non andò oltre il 5° posto e Stati Uniti dove fu 4°, ritornò alla vittoria nel Gp di Francia a Magny-Cours partendo in griglia dalla 3ª piazza dietro Massa ed Hamilton. In partenza superò l'inglese della McLaren e al 46° giro il compagno Felipe Massa grazie alla tattica dei pit-stop. Nella gara successiva, in Gran Premio di Gran Bretagna, centrò un'altra vittoria realizzando anche il giro più veloce, anche in questo caso grazie alla sosta ai box posticipata rispetto agli avversari. Nel bagnato Gran Premio d'Europa al Nurburgring, dopo aver conquistato la pole position, a metà gara fu costretto al ritiro per un problema idraulico sulla sua Ferrari. Va meglio nel Gran Premio d'Ungheria dove giunse secondo subito dietro a Lewis Hamilton, ottenendo il giro più veloce all'ultima tornata. Anche in Turchia arrivò 2° dietro a Felipe Massa ottenendo il giro più veloce. A Monza, dove risentiva di un brutto incidente avvenuto il sabato mattina, arrivò terzo dietro le McLaren subendo un umiliante sorpasso da Hamilton. Nonostante il titolo sembrasse ormai fuori dalla portata del finlandese, la Ferrari decise che visto il miglior piazzamento di Raikkonen, in classifica, in confronto a Massa, di puntare su Kimi per gli ultimi disperati attacchi ad Hamilton e Alonso. In Circuito di Spa-Francorchamps, dopo aver ottenuto la pole position, torna sul gradino più alto del podio, portando insieme a Felipe Massa alla Ferrari il quindicesimo titolo costruttori. Per Raikkonen si tratta della terza vittoria consecutiva sulla mitica pista di Spa-Francorchamps. A Fuji, in una gara sotto la pioggia, si ritrovò nelle ultime posizioni a causa di un'errata scelta delle gomme ma rimonta fino al terzo posto. Con 17 punti da recuperare ad Hamilton su 20 disponibili, il mondiale sembrava ormai chiuso. In Cina domina il weekend, parte alle spalle di Hamilton e,quando comincia a piovere, supera l' inglese e approfittando del successivo ritiro di Hamilton, portandosi a 7 punti dall'inglese e a 4 da Alonso ad una gara dal termine. Questo trionfo lo porta di diritto nella storia della Ferrari, visto che grazie al successo di Kimi, la "Rossa" ottiene il suo 200° trionfo in F1. Il 21 ottobre 2007 a Interlagos è necessario salire sul gradino più alto del podio con Massa, e sperare in una difficoltà di Hamilton per conquistare il titolo. Kimi Raikkonen alla partenza dal terzo posto brucia l'inglese e si porta alle spalle dell'altro ferrarista Massa partito in Pole Position. Nel frattempo Alonso si porta in terza posizione superando il suo giovane compagno di squadra che, complice l'inesperienza e la troppa foga, nel tentativo di riprendersi la terza posizione si rende autore di un fuori pista che lo fa scivolare indietro; come se non bastasse dopo pochi minuti un'inaspettato e non chiaro problema al cambio lo fa piombare in ultima posizione: è l'inizio della clamorosa disfatta. Hamilton conclude settimo, ne approfitta Raikkonen che, beneficiando anche del secondo posto di Massa che relega Alonso in terza posizione, si laurea per la prima volta nella sua carriera Campione del Mondo di Formula 1 con 110 punti iridati, uno in più dei sui diretti avversari della McLaren (Hamilton 2° e Alonso 3°), completando una fantastica rimonta di addirittura 26 punti.

Nelle ore successive al termine della gara viene aperta un'inchiesta dalla FIA sulle Williams di Nico Rosberg, quarto in gara, Nakajima e sulle BMW Sauber di Heidfeld e Kubica, rispettivamente sesto e quinto, per le temperature fuori norma della benzina. L'inchiesta comunque non porterà alla squalifica dei piloti coinvolti, pertanto il titolo di Raikkonen viene confermato.

Il team McLaren-Mercedes decide comunque di presentare ricorso contro la decisione presa dai commissari di cui sopra. Inizialmente pare incline ad un ricorso marcatamente teso alla retrocessione o squalifica delle vetture sopramenzionate,permettendo in tal modo la vittoria nel mondiale al britannico Lewis Hamilton. In seguito ai pareri dissenzienti in seno alla scuderia,in particolar modo dei suoi due piloti declina l'intenzione iniziale in favore di un approccio "soft" indirizzato solo a far "luce" sulle procedure decisionali adottate di commissari nella specifica occasione. L'udienza viene fissata per il 15 di novembre presso la Corte d'Appello internazionale FIA, ma il tribunale d'appello, a seguito di essa, giudicherà "inammissibile" il ricorso presentato dal team McLaren-Mercedes .

Il titolo è così definitivamente confermato al pilota scandinavo che è cosi il terzo campione del mondo finlandese dopo Mika Hakkinen e Keke Rosberg, e il terzo pilota a vincere un mondiale al primo anno in Ferrari (c'erano in precedenza riusciti Juan Manuel Fangio e Jody Scheckter).

  
Michael Schumacher: i 10 Gran Premi più emozionanti

10) Gran Premio di Ungheria 1998: In una gara dove le Mclaren partono subito forte, inseguite proprio dal pilota tedesco, la svolta avviene al 43° giro quando la Ferrari con una mossa a sorpresa passa da due a tre soste consentendo, così, a Schumacher di ripartire con poco carburante. Questa scelta risulterà decisiva, in quanto consentirà a Schumi di sopraggiungere Coulthard all’uscita dai box e di sorpassare Hakkinen nei tre giri successivi. Con questa fantastica vittoria Schumacher riaprirà il Mondiale riducendo il proprio distacco a sole sette lunghezze dal pilota finlandese.



9) Gran Premio di Silverstone 1998: Se mai fosse necessaria una spiegazione di come si guidi sotto la pioggia, basta riavvolgere il nastro ed ammirare la sontuosa prestazione al Gran Premio di Silverstone del “Barone rosso”. Il pilota tedesco dopo una partenza a rilento, dove nelle prime battute di gare viene anche superato da Coulthard, vince una vera e propria gara ad eliminazione nella quale a tagliare il traguardo sono soltanto nove piloti. La vittoria di Schumacher si consuma nel giallo, con il pilota tedesco che in testa alla gara è costretto ad uno stop&go all’ultimo giro, venendo così costretto a tagliare il traguardo dalla corsia dei box.


8) Gran Premio del Brasile 2006: Pur al confine del nostro periodo nostalgico, è giusto ricordare l’ultima “emozionante” gara in rosso di Schumi. Nel giorno in cui Fernando Alonso si laurea per il secondo anno consecutivo Campione del Mondo con la Renault, Schumacher perseguitato dalla sfortuna fin dalle qualifiche del sabato, dimostra a tutti ancora una volta cosa significhi essere un 7 volte Campione del Mondo. Il pilota tedesco partito in decima posizione, buca una delle due gomme posteriori al settimo giro e rientra in pista in 20° posizione e con un giro da recuperare. La gara che segue è fantastica con Schumacher che sorpasso dopo sorpasso chiuderà in quarta posizione, regalando così un ultima grande emozione a tutti i tifosi del cavallino rampante.


7) Gran Premio della Malesia 1999: Un campione non lo si riconosce soltanto dalla serie di vittorie ottenute in carriera, ma anche dalla capacità di essere versatile e di sapersi mettere a servizio della squadra. Schumacher ne da dimostrazione in occasione del GP della Malesia del 1999 dove, al rientro dopo l’incidente di Silverstone risulta perfetto in partenza, garantendo la fuga del compagno di squadra Eddie Irvine e “tamponando” i possibili attacchi delle Mclaren. La doppietta Ferrari consentirà ad Irvine di presentarsi all’ultima gara con un vantaggio di quattro punti su Hakkinen, ma purtroppo conosciamo tutti il finale di questa storia…


6) Gran Premio di Spagna 1996: Di certo non potevamo dimenticare la prima vittoria in rosso ottenuta a Barcellona il 2 Giugno 1996. Michael Schumacher si trasforma ancora una volta in “Rainman” e domina il Gran Premio con una prestazione di gara sontuosa. A farne le spese sono Alesi e Villeneuve che, subendo il ritmo forsennato del tedesco, vengono sorpassati già nelle prime battute di gara e non potendo recuperare il distacco creatosi sono costretti a vedere tagliare per prima il traguardo la vettura di Maranello, che conquista, così, la sua prima vittoria in stagione.

5) Gran Premio del Belgio 1995: Un’altra epica rimonta ed un duello tutto da vivere con Damon Hill sono tra gli ingredienti principali del GP di SPA del 1995. Schumacher, partendo dalla sedicesima posizione, con una strategia al limite della perfezione ed in condizioni meno favorevoli rispetto al pilota della Williams, ottiene una vittoria importantissima che gli consente così di allungare sul rivale inglese portando il suo distacco a 15 punti, ipotecando così il suo secondo titolo Mondiale.

4) Gran Premio del Belgio 1992: Nello stesso circuito nel quale aveva esordito appena un anno prima, Schumacher coglie la sua prima vittoria in F1, in un tracciato cui ha legato molti momenti chiave della sua carriera. I favoriti della vigilia sono Mansell e Senna, ma l’incedere della pioggia già alle prime curve del Gran Premio mischia le carte in tavola. Abile ad approfittare della situazione è per l’appunto Schumacher, che conquista così il suo primo successo.

2) Gran Premio di Montecarlo 1997: Forse una delle più grandi manifestazioni di forza mai date da un pilota di Formula 1, in una gara condizionata dalla pioggia che ha fatto venir fuori tutta l’astuzia ed il talento di Michael Schumacher. Il ferrarista, partito in seconda posizione, stacca subito in avvio le Williams ed un sorprendente Giancarlo Fisichella e sotto una pioggia torrenziale guida come un Dio sceso sulla terra, facendo capire a tutti chi sia il più forte pilota al mondo. Unica sbavatura il dritto alla St. Devote che tuttavia rende la vittoria di Schumi ancor più emozionante.


1) Gran Premio del Giappone 2000: Al primo posto non poteva che esserci la vittoria di Suzuka, con la quale la Ferrari tornò sul tetto del Mondo a 21 anni di distanza. Tutti noi ricordiamo ancora le sensazioni di quella domenica mattina. La sveglia quasi all’alba e poi quel turbine di emozioni nel vedere il duello tra Hakkinen e Schumacher.


Campioni della Ferrari
       


Alberto Ascari

Signore del volante
Figlio di un pilota – il padre Antonio era rimasto vittima di un incidente a Monthlèry quando Alberto aveva 7 anni - , Alberto Ascari viene attirato dalla carriera di pilota. 
Dopo aver gareggiato in moto, con la Bianchi dal 1937, guida la madre delle Ferrari, la T815, nella Mille Miglia del 1940. Dopo il conflitto, il milanese riprende con la Cisitalia, poi con la Maseratti. A fine ’49 viene chiamato alla Ferrari insieme con Villoresi. 
Due vittorie nel ’51, al Nuerburgring e a Monza, sulla 375F1 V12. E nelle due stagioni successive il milanese domina il Mondiale, conquistando il titolo. Nel ’52 vince tutte le gare di F1 cui partecipa [ 6] e nel ’53 ottiene 5 primi posti su 9 prove. 
All’ apice del successo, pilota raffinato che si esprime al massimo quando è in testa, passa alla Lancia che però non è competitiva. Stagione frustrante: Alberto – detto Ciccio- corre in 5 Gp con Maserati e Ferrari e infine con la Lancia. Nel 1955, con la D50 V8, Ascari si ritira in Argentina e a Montecarlo è protagonista di un incidente spettacolare finendo nelle acque del porto. 

Si salva, riportando solo ferite al volto. Quattro giorni dopo va a Monza e chiede di provare la Ferrari dell’amico-allievo Castellotti. Esce di pista, muore. Una tragedia che lascia molti interrogativi


 SCHEDA PILOTA

Alberto Ascari: nato a Milano il 13 luglio 1918 (morto a Monza il 26 maggio 1955)
Vittorie con la Ferrari: 13 
Pole Position: 13



Piero Taruffi

L’uomo dell’ultima mille miglia
Pilota, tecnico, progettista, giornalista: Piero Taruffi è un personaggio eclettico. Comincia a correre in auto a 17 anni, vincendo una gara di regolarità, la Roma-Viterbo con una Fiat 501S. 
Si laurea in ingegneria, poi diventa motociclista, si cimenta in strada e in pista, diventa anche specialista dei record di velocità. Entra a fare parte della Scuderia Ferrari nel 1949 e nel 1950 gareggia sia con l’Alfa Romeo sia con le vetture di 

 

Maranello. In F1 disputa due stagioni a tempo pieno (1951-’52), con qualche presenza nelle due successive. Su 18 gare, ne vince una, il Gran Premio di Svizzera a Bremgarten del 1952, il suo anno migliore, al volante della 500. Taruffi ha forse miglior fortuna nelle gare stradali. Il pilota romano si aggiudica la Carrera Panamericana in coppia con Luigi Chinetti nel ’51 e ottiene diversi piazzamenti. 
Con la Lancia conquista la Targa Florio nel 1954. Guidando la Maserati trionfa nella 1000 Km del Nuerburgring insieme con Moss, Shell e Behra. Taruffi ha un chiodo fisso, quello di vincere la Mille Miglia. “Se ci riesco-dice alla moglie Isabella-lascio le corse”. 

Fa centro al tredicesimo tentativo, nel 1957, a 51 anni, sostituendo Musso, sulla Ferrari 315 S. E mantiene la parola. Quella fu anche l’ultima edizione della celebre corsa. 


 SCHEDA PILOTA

Piero Taruffi: nato a Albone Laziale (Roma) il 12 ottobre 1906, (morto il 12 gennaio 1988)
Vittorie con la Ferrari:
1
Pole Position:
0



Mike Hawthorn

Nel nome della Regina
Primo inglese a conquistare un casco iridato, Mike Hawthorn ha una storia straordinaria e movimentata , costellata anche da gravi infortuni. Hawthorn, figlio di un garagista , non è un vero professionista, ma un grande appassionato. 
Vorrebbe guidare una vettura “British” ma capisce che solo la Scuderia gli può dare la possibilità di vincere nei Gp. A Ferrari piace e con Maranello disputa 39 corse, alternando le sue presenze in team britannici, fra il 1953 e il ’58.
Guida la 500 F2, la 625 4, la 553/555 4, la Dino 246 V6. Gareggia nella Mille Miglia, nella 24 Ore di Le Mans. Ha un incidente con una Cooper-Bristol nel circuito di Modena che lo costringe ad una lunga inattività, si capotta a Siracusa riportando ustioni e ferite. 
Passa un momento terribile nel 1955 quando viene accusato di aver innescato la tragedia di Le Mans ( con la Mercedes di Levegh che piomba sulla folla) deviando di colpo per entrare ai box. L’inglese, tuttavia, è un combattente, non si arrende, continua.

Torna alla Ferrari, di cui apprezza la professionalità, e conquista il Mondiale ’58. Colpito dalla scomparsa dell’amico Collins nel GP di Germania, annuncia il suo ritiro a fine stagione. Ma nel gennaio successivo ha un banale incidente stradale: muore finendo con la sua Jaguar contro un albero. 

 SCHEDA PILOTA

John Michael Hawthorn: nato a Mexborough (Inghilterra) il 10 aprile 1929, morto il 22 gennaio 1959 a Guilford-by-pass
Vittorie con la Ferrari:
3
Pole Position:
4


Wolfgang Von Trips

Amaro destino a Monza 
Pilota di nobile famiglia, eccelle in tutti gli sport. Non sa nulla di meccanica ma sopperisce con la classe: un giorno arriva ai box e un tecnico gli dice che la barra antirollio delle sospensioni della sua vettura è rotta. 
Lui guarda il roll-bar posto sopra l’abitacolo e risponde: “Davvero?”. Tuttavia è molto veloce. Il 1961 può essere l’anno del titolo mondiale in Formula 1. Vince in Olanda e Gran Bretagna e si presenta a Monza per la consacrazione. 

Ma lo attende un destino crudele.
Dopo aver conquistato la pole position, il tedesco non parte bene: per assicurarsi l’affidabilità dei motori, la Ferrari monta rapporti lunghi. Jim Clark con la Lotus si infila tra le Ferrari in testa. 
Al secondo giro, in frenata alla curva Parabolica, la 156 del tedesco sbanda e viene violentemente tamponata dalla vettura dello scozzese. Clark, seppure sotto choc, è indenne. Von Trips, invece, viene sbalzato dall’abitacolo e muore sul colpo. Il bolide piomba tra la folla ed è una strage con 14 vittime, una delle maggiori della storia dell’automobile. 

Racconta Enzo Ferrari:”Questo ragazzo mi fu particolarmente caro, era un giovane di grande nobiltà d’animo. E quella giornata che doveva essere premio all’ardimento, alle vittorie, ai successi e al lavoro di tutti, ci portò la più cruda, dolorosa, amarezza”. 


 SCHEDA PILOTA

Wolfgang Von Trips: nato a Horrem (Germania) il 4 maggio 1928, morto a Monza il 19 settembre 1961
Vittorie con la Ferrari:
2
Pole Position:
1



Lorenzo Bandini

Campione senza fortuna 

Figlio di un commerciante, Lorenzo Bandini rimane orfano a 9 anni. Affascinato dalla meccanica, appena può va a Milano. Lavora in un garage: il proprietario gli fa da padre e lo aiuta a coltivare la passione delle corse finanziandolo per l’acquisto di una Fiat 8V 
Conosce anche l’amore frequentando la figlia del suo datore di lavoro, Margherita, che diverrà sua moglie. Bandini si impegna nella Formula Junior, vince molto. Nell’aprile del ’61 esordisce in F1 a Pau, gara non titolata Mimmo Dei, patron della Scuderia Centro Sud, crede in lui e lo manda a fare esperienza in Australia. Al ritorno, Enzo Ferrari lo convoca a Maranello. Nel ’64 a Zeltweg coglie la sua prima e unica vittoria iridata con le monoposto.
Nel ’64 a Zeltweg coglie la sua prima e unica vittoria iridata con le monoposto. Nel ’67 guida con Amon la prima delle tre Ferrari che dominano la 24 Ore di Daytona. Si impone anche nella 1000Km di Monza. Arriva caricato a Montecarlo. E’ prima guida Ferrari. Hulme comanda la gara, l’italiano 2°, è attaccato dall’ex ferrarista Surtees, passato alla Honda. 

Resiste a fatica, poi all’82° giro taglia la chicane, tocca con la ruota posteriore destra uno steccato, rimbalza, s’infila sulla sinistra nelle balle di paglia poste per impedire alle macchine di finire nelle acque del porto. La vettura si rovescia e, squarciata da una ringhiera, prende fuoco. Bandini muore 70 ore dopo 

   

 SCHEDA PILOTA

Lorenzo Bandini: nato a Berce (Libia) il 21 dicembre 1935, morto a Montecarlo il 10 maggio 1967
Vittorie con la Ferrari:
1
Pole Position:
1



Lodovico Scarfiotti

Bravo su ogni vettura 

Parkes e Scarfiotti. E’ stata una coppia ideale per le corse a lunga distanza. Un binomio che ha dato dimostrazioni di forza e di volontà di vincere. Uno completava l’altro. 
L’inglese, ormai modenese, con le sue abitudini italiane innestate sulla determinazione albionica; il marchigiano di Torino con la sua esuberanza di giovanotto apparentemente senza problemi nella vita.
"Irruente oltre misura, avrebbe corso con qualsiasi tipo di macchina, in qualsiasi momento, su qualsiasi pista". Così Ferrari ricorda Scarfiotti. Ragazzo di ottima famiglia, comincia a vincere con le vetture turismo e si impone due volte nell’Europeo della Montagna.
Nei prototipi si fa valere: vince la 1000Km del Nurburgring con Vaccarella; Sebring e Le Mans con Surtees. Ma sogna soprattutto quella F1 che Maranello gli concede con parsimonia. Disputa in tutto 8 corse.

Trionfa nel GP di italia a monza del 1966, primo italiano dopo Ascari. Poi prova con la Eagle e la Cooper. Capisce tuttavia che le ruote scoperte sono la via giusta. Accetta la proposta della Porsche per guidare i prototipi (1968). Ed è secondo a Brands Hatch. Ma in giugno in Germania, nelle prove della corsa in salita di rossfeld per l’Europeo della Montagna, esce di strada. Sbalzato dalla vettura, batte la testa contro una roccia e muore. 

 

 SCHEDA PILOTA

Lodovico Scarfiotti: nato a Torino il 18 ottobre 1933, morto a Rossfeld (Germania) l’8 giugno 1968 
Vittorie con la Ferrari:
4
Pole Position:
4



Clay Regazzoni

Fascino e grinta al volante 

Viveur, danseur, tennista, calciatore e, a tempo perso, pilota. Clay Regazzoni, il brillante, intramontabile Clay, ospite d’onore ideale per le più disparate manifestazioni alla moda. “Lo contattai nel 1969. 
L’anno dopo vinse un memorabile GP d’Italia. Poi si affinò come stile e temperamento, che era fra i più audaci fino a diventare un ottimo professionista. Gli avversari lo hanno sempre rispettato”:così Ferrari lo giudicò.
L’esordio è burrascoso: in F2 viene squalificato a Monza per un sorpasso proibito (erano esposte le bandiere gialle per un incidente) e quindi è coinvolto nella fatale collisione Chris Lambert a Zandvoort.Ne esce tuttavia assolto. Corre con la Tecno. Infine passa a Maranello.
In due riprese disputa 77 gare. Alterna momenti favolosi a periodi meno positivi, ma è sempre combattivo. E’ lui a proporre l’ingaggio di Lauda, poi ne soffre la concorrenza. Lascia la Ferrari nel 1976 dopo aver vinto ancora a Long Beach (Usa Ovest). Prosegue l’attività per tre stagioni piene (1° con la Williams a Silverstone) e proprio a Long Beach, il 30 marzo ’80, con la Ensign piomba sulla Brabham di Zunino ferma sul circuito. L’urto gli provoca lesioni alla spina dorsale. 

E’ costretto sulla sedia a rotelle ma continua a correre (nel ’97 va al raid Panama-Alaska) e si batte a favore degli handicappati. 


 SCHEDA PILOTA

Clay Regazzoni: nato a Mendriso (Svizzera) il 5 settembre 1939 
Vittorie con la Ferrari:
4
Pole Position:
4



Niki Lauda

Solo Schumi ha vinto di più in Ferrari 


E’ il pilota che vince, dopo Schumacher, più gare con la Ferrari in F1. E con due titoli mondiali pareggia i conti con Ascari. Dopo una serie di corse con vetture turismo e formule minori, Lauda riesce a ottenere un prestito da una banca e approda in F2. Prestazioni non troppo brillanti, con una monoposto poco competitiva. Ma la strada è aperta: March e BRM per una stagione, poi la Ferrari.
Arriva nel 1974 e si dimostra subito concreto, applicandosi con impegno. E’ anche un ottimo collaudatore. Vince due corse. L’anno dopo domina il Mondiale con cinque affermazioni. Può ripetersi nel ’76 ma il 1° agosto esce di pista al Nuerburgring: un incidente terribile, 
Merzario lo salva dalle fiamme. L’austriaco recupera in modo fulmineo: il volto reca i segni del fuoco, ma lui in 40 giorni è pronto e, a fine stagione, lotta per il titolo. Ma in Giappone, prova decisiva, piove, la visibilità è scarsa e Niki preferisce tornare al box: il titolo va a Hunt. Lauda ha la rivincita nel ’77: si riprende il Mondiale, ma lascia la Ferrari, con cui ha un rapporto di odio-amore, e passa in Brabham. 

Vince a tavolino il GP d’Italia ’78 (Villeneuve e Andretti penalizzati). Abbandona le corse per due anni e crea una compagnia aerea, l’Air Lauda. Torna con la McLaren, è campione ’84. Dopo essere stato collaboratore della Ferrari, oggi lavora per la Mercedes. 

 SCHEDA PILOTA

Niki Lauda: nato a Vienna (Austria) il 22 febbraio 1949 
Vittorie con la Ferrari:
15
Pole Position:
23


Gilles Villeneuve

L’acrobata delle piste 

Gilles Villeneuve: uno dei piloti più amati dai tifosi e dallo stesso Enzo Ferrari che lo paragonava a Nuvolari. Con Maranello vince solo sei corse, ma resta nella storia come uno dei campioni più spettacolari e coraggiosi, eroe di imprese impossibili, acrobata delle piste. Inizia a 17 anni con le motoslitte in Canada, diventando uno dei migliori specialisti. 
Nel 1976 conquista il titolo nordamericano di Formula Atlantic.Il 16 luglio ’77 debutta in Formula 1 con la McLaren, ma il 21 settembre è già a Maranello con un contratto firmato. Il 9 ottobre corre a Mosport il GP del Canada e il giorno 23 nel circuito del Fuji, in Giappone, ha un terribile incidente, volando tra la folla dopo una collisione con la Tyrrell di Peterson. Lo chiamano “l’aviatore”. Nel 1978 primo sucesso in F1, in casa, a Montreal, nel 1979 è secondo nel Mondiale di Scheckter, 
dopo essersi affermato tre volte. Nei due campionati che seguono la Ferrari non va, ma Gilles trionfa a Montecarlo e in Spagna. L’82 potrebbe essere l’anno del titolo. Ma Villeneuve, dopo una polemica con Pironi a Imola [accusa il compagno di avergli sottratto la vittoria], l’8 maggio a Zolder [Belgio] tampona in prova la March di Mass. Sbalzato dall’abitacolo, si spegne in ospedale, lasciando la moglie e due bimbi, Melanie e Jacques. 
 

 SCHEDA PILOTA

Villeneuve: nato a Chambly (Quebec) il 18 gennaio 1950 
(morto a Zolder nelle prove del GP del Belgio l’8 maggio 1982) 
Vittorie con la Ferrari:
6
Pole Position:
2



Didier Pironi

L’uomo che sfidò il turbo 

Un pilota che si è costruito a poco a poco e che fa tesoro di tutte le esperienze. Famiglia di origine italiana (viene dal Friuli), Pironi sale con costanza tutti i gradini che portano in F1. 
Il successo nel GP di Montecarlo di F3 lo fa approdare alla Tyrrell. Didier conquista punti in quattro delle sue prime sei gare in F1. nello stesso anno, il 1978, si aggiudica in coppia con Jaussaud la 24 Ore di Le Mans con la Renault.
Passa alla Ligier nel 1980 e vince il suo primo GP in Belgio. Diventa molto veloce, ottiene alcune pole position e nessuno si meraviglia se nel 1981 Enzo Ferrari lo affianca a Gilles Villeneuve. Sono gli anni del turbo: la 126CK è nuova. 
Il canadese si adatta meglio e la porta al successo due volte. Arriva il 1982 con tante speranze per Maranello. Pironi vince a Imola superando Villeneuve all’ultimo giro e innesca una lite con il compagno di squadra che lo accusa di non aver rispettato i patti e gli ordini del box. Quindici giorni dopo Villeneuve è vittima del tragico incidente di Zolder. Didier si aggiudica il GP d’Olanda e va in testa al mondiale, ma a Hockenheim, nella pioggia, urta la Renault di Prost e si rompe le gambe. 

E’ costretto al ritiro. Uomo sportivissimo, si dà all’offshore con uno scafo di sua progettazione: muore in mare in un incidente.


 

 SCHEDA PILOTA

Didier Pironi: nato a Villecresnes (Francia) il 26 marzo 1952, morto il 23 luglio 1987 nel Canale della Manica in un incidente di offshore
Vittorie con la Ferrari:
2
Pole Position:
2



Michele Alboreto

Pilota di bello stile 
Michele Alboreto è un giovane magazziniere che ama le corse. E talora i sogni si realizzano: con l’aiuto di amici debutta in F3 nel 1979 e nell’80 è già campione europeo. 
Nel 1981 ragginge la Minardi in F2 e vince a Misano. Tyrrell gli fa firmare un contratto triennale. Michele lo ripaga aggiudicandosi due gare “impossibili” a Las Vegas e a Detroit nel 1982 e nel 1983: batte con una vettura a motore aspirato i rivali sulle ben più potenti “turbo”.
"Sono note le mie simpatie per Michele Alboreto. E’ un giovane che guida tanto bene, pochi errori. E’ veloce, di bello stile: doti che mi rammentano Von Trips, al quale Alboreto somiglia anche nel tratto educato e serio.Oggi ha la certezza che è tra i migliori in F1”. 
Così scrive Enzo Ferrari in un suo libro. Logico che dalla stagione ’84 il milanese salga su una rossa, primo italiano dopo Merzario, a 11 anni di distanza. Alboreto conferma il suo valore vincendo in Belgio, e l’anno dopo lotta a lungo per il titolo. E’ costretto a cedere per i continui problemi di affidabilità della 156-85.

La sua parabola alla Ferrari si conclude nell’87. Poi corre per diverse squadre ma senza risultati all’altezza delle sue capacità. Lui non si scoraggia, continua a guidare, sino a vincere nel ’97 la 24 Ore di Le Mans con una Porsche. 

 SCHEDA PILOTA

Michele Alboreto: nato a nato a Milano il 23 dicembre 1956
Vittorie con la Ferrari: 3
Pole Position: 2



Nigel Mansell

Il leone delle mille imprese 

Il pilota dalle grandi contraddizioni con qualità del purosangue. Nigel Mansell è uno dei protagonisti della F1 per oltre un decennio. Comincia con un atto di fiducia nei propri mezzi: per correre si vende la casa. 
Poi entra nelle grazie di Chapmann. Quattro stagioni alla Lotus, cinque con la Williams, due con la Ferrari, per tornare alla Williams dove nel 1992 diventa finalmente campione del mondo. Litiga con il costruttore inglese, emigra negli Usa dove conquista la Formula Indy.
Torna, si aggiudica ancora una gara in Australia, poi disputa due corse nel ’95 alla guida della McLaren e si ritira. In mezzo tutta una serie di episodi, incidenti, guai, errori, imprese. I più clamorosi: firma per Ferrari e resta alla Williams. 
Passa alla scuderia di Maranello, annuncia che lascia l’attività e passa nuovamente nel team inglese. E perde due Mondiali già vinti. Il primo nel 1986: sbaglia una marcia al via in Messico e buca un pneumatico mentre è avviato al successo in Australia. Il secondo, l’anno dopo, quando si infortuna a Suzuka in prova e lascia il titolo a Piquet. Finalmente diventa il numero uno nel ’92 coronando il ritorno alla Williams. 

In Ferrari vive due stagioni un po’ da leone e in parte da pecora, ma lascia un ricordo indelebile, dimostrandosi il più mediterraneo dei piloti britannici. 


 SCHEDA PILOTA

Nigel Mansell: nato a Upton on Severn (Inghilterra) l’ 8 agosto 1953 
Vittorie con la Ferrari:
3
Pole Position:
3



Jean Alesi

5 anni di passione e tormenti 

Carattere focoso, grande temperamento, combattivo e sempre molto corretto in pista. Jean Alesi non nasconde le origini siciliane della sua famiglia. Il padre ha una carrozzeria nel Sud della Francia, 
il ragazzo lavora sulle vetture, le smonta, le ricostruisce. Corre in moto, ma ama l’automobilismo. Il debutto nel 1983 lo lancia verso un titolo nazionale di F3. nel 1989 arriva a quello intercontinentale della F3000.Il talent scout Tyrrell chiama Alesi in F1 nella stessa stagione e Jean lo ricambia accumulando 8 punti in otto gare. Nel ’90 a Phoenix (Usa Ovest) è in testa al GP, Senna lo supera e il francese lo ripassa con un guizzo. Poi il brasiliano fa valere la sua classe e la competitività della McLaren: è primo, ma Alesi sale sul podio al secondo posto. E piace a tutti.
Questa impresa gli vale l’ingaggio da parte della Ferrari che lo affianca ad Alain Prost. In poco tempo Alesi diventa l’idolo dei tifosi di Maranello per il suo coraggio e per il modo di guidare sempre spettacolare. 

Sono cinque anni di passione e di tormenti. Le vetture non sempre sono all’altezza delle attese dei piloti, in qualche occasione c’è anche un po’ di sfortuna. Alesi scalpita, vuole vincere almeno una gara: il colpo gli riesce nel GP del Canada nell’ultima stagione a Maranello. 

 SCHEDA PILOTA

Jean Alesi: nato a Avignone (Francia) l’ 11 giugno 1964 
Vittorie con la Ferrari:
1
Pole Position:
1




Froilan Gonzales

Gonzàles, e la Ferrari spicca il volo
E' il pilota della prima vittoria della Ferrari nel Mondiale di F1. Grosso, massiccio, pesante più di 100 Kg, era soprannominato “il toro della Pampa”. Uno sportivo nato. Corre prima in moto, poi con vetture di produzione. Nel 1950 si diverte e si affina con una Maserati che gli ha trovato Fangio. Gonzalez raggiunge l’amico in Europa e partecipa al primo Mondiale di F1 con scarsa fortuna. E’ secondo nel Gran Premio di Albi, non valido per il campionato. Nella primavera 1951 viene chiamato da Enzo Ferrari per sostituire Taruffi, ammalato. Per Gonzalez è una stagione straordinaria: vince a Silverstone, è sempre sul podio e conquista il terzo posto nel campionato. Si lascia attirare dalla Maserati e per due anni continua a piazzarsi fra i migliori. Torna a Maranello nel 1954, imponendosi nuovamente in Inghilterra, diventa vice-campione alle spalle di Fangio. E’ primo anche nella famosa 24 Ore di Le Mans in coppia con Trintignant e nelle prove non iridate di Bari, Bordeaux e del Portogallo.  

Gonzalez torna in patria dedicandosi alle corse locali. Partecipa ai Grandi Premi d’Argentina del 1957 con la Lancia-Ferrari D 50 e del ’58 con la Ferrari Dino 246. Ferrari diceva di lui:”Un pilota che in gara ha un comportamento alterno ma che è coraggioso, volitivo e generoso”  

 

 


 SCHEDA PILOTA

Froilan Gonzales: nato a Arrecifas (Argentina)

Vittorie con la Ferrari: 2
Pole Position: 3




Juan Manuel Fangio

Il campionissimo indecifrabile
Figlio di emigranti italiani, Juan Manuel Fangio è il pilota che ha vinto più Mondiali di F1: 5. Debutta nel 1940 vincendo il Gp del Norte con una Chevrolet. 
Poi arriva in Europa dove diventa il “maestro”, un campione gentile e un po’ misterioso, con 24 successi su 51 gare mondiali disputate.Anche Enzo Ferrari, profondo conoscitore e agitatore di uomini, non riesce a interpretare a fondo questo pilota. 
Ammette:”Fangio rimane per me un personaggio indecifrabile.Fugge al mio sguardo, risponde a monosillabi. La sua statura agonistica invece è indiscutibile. Possiede una visione della corsa decisamente superiore e un equilibrio, una intelligenza e una sicurezza nella condotta di gara singolari”. 
In effetti , l’argentino non dimostra mai particolari sentimenti nei confronti dei costruttori che lo fanno vincere e correre. Salta da una squadra all’altra a seconda delle migliori opportunità che gli si presentano. Per la Ferrari gareggia in F1 nel 1956 aggiudicandosi il quarto titolo mondiale, dopo quello vinto con l’Alfa Romeo [1951] e due con la 

Mercedes [1954-55] e prima dell’ultimo,

 il quinto, ottenuto con la Maserati [1957]. Porta al successo la Lancia-Ferrari D50, conquistando tre vittorie, una delle quali, in Argentina, con l’aiuto di Musso. Altre due gare nel’57 [Argentina e Francia], poi l’addio. 

 SCHEDA PILOTA

Juan Manuel Fangio: nato a Balcarce (Argentina) il 24 giugno 1911, morto a Buenos Aires il 17 luglio 1995
Vittorie con la Ferrari:
3
Pole Position: 5



Phill Hill

Il mondiale a stelle e strisce. 
Il primo di tre americani (insieme con Dan Guerney e Richie Ginther) approdati a Maranello. Enzo Ferrari lo definì così:” Un ragazzo solido ed emotivo che veniva dalle vetture sport e che in California aveva avuto una buona esperienza di meccanico. 
Non era un pilota di classe eccelsa, ma era sicuro e redditizio soprattutto sui circuiti ad alta velocità”. Corre per la Ferrari lungo l’arco di dieci anni e vince molto, diventando campione del mondo nel 1961. 
E’ l’unico sinora ad aggiudicarsi due volte, consecutivamente, il Gran Premio d’Italia a Monza con le vetture del Cavallino Rampante. Hill è un grande specialista delle vetture a ruote coperte, ma sogna la la Formula 1. 
E nel 1961, alla sua quarta stagione con le monoposto italiane (mentre nello stesso anno trionfa con i prototipi anche nella 12 Ore di Sebring e a Le Mans) conquista il titolo mondiale. Due successi e quattro piazzamenti sul podio. Hill vorrebbe ripetersi l’anno successivo, ma la Ferrari perde poco a poco la sua competitività. 

L’americano partecipa alla scissione dei tecnici di Maranello e decide di guidare nel 1963 con l’ATS. Scelta sbagliata che compromette la sua carriera in Formula 1. Termina l’attività nei prototipi nel 1966 cogliendo ancora due affermazioni con la Chaparral nella 1000Km del Nuerburgring e a Laguna Seca.

  

 SCHEDA PILOTA

Phill Hill: nato a Miami (Stati Uniti) il 20 aprile 1927
Vittorie con la Ferrari:
3
Pole Position:
6



Giancarlo Baghetti

Corridore gentiluomo 
Pilota e gentiluomo. Stabilisce, unico con Nino Farina, un record che non si può battere: vincere al debutto nel Mondiale di F1. A dire il vero, Baghetti non è alla sua prima affermazione. 
Prima del sucesso di Reims si è imposto nelle corse di Siracusa e Napoli, non valide per il titolo. Di famiglia benestante, Giancarlo si avvia alle corse ventiduene con un’Alfa Romeo nel 1956. 
Passa di vittoria in vittoria, dalle gare in salita alle prove di regolarità, sino a piazzarsi secondo nella Mille Miglia. La svolta arriva nel 1959. Nella Formula Junior si aggiudica la Coppa Fisa, battendo tutti i migliori italiani fra i quali Bandini. Questo successo gli offre la possibilità di guidare una Ferrari della Federazione messa a disposizione dal costruttore modenese. Si allena a lungo e inizia il ’61 con un 2° posto a Sebring dietro a P.Hill nei prototipi. Poi irrompe in Formula 1, nelle corse nazionali, frequentate però da piloti come Gurney, Bonnier, Brabham, Clark. Vince due volte, in Sicilia e in Campania. E si ripete con il GP di Reims. Sembra avviato a una carriera brillantissima ma incappa in un ’62 nero della Ferrari. Passa all’ATS senza risultati e per lui comincia il declino. Si ritira nel ’68, ma continua a frequentare il mondo dei motori come apprezzato fotografo e giornalista. Muore per un tumore a 60 anni 

   

 SCHEDA PILOTA

Giancarlo Baghetti: nato a Milano il 25 dicembre 1934, morto il 27 novembre 1995
Vittorie con la Ferrari:
1
Pole Position:
0



John Surtees

Asso in moto e in automobile 

Corridore, tecnico, costruttore: John Surtees è l’unico pilota al mondo ad aver conquistato titoli mondiali in moto (7 con la MV-Agusta) e in F1. Corre dal 1951 al ’72. un personaggio a volte spigoloso, ma capace di dare ottimi contributi alla squadra, soprattutto nella messa a punto dei telai. 
Debutta in auto alla corte di due talent-scout, Tyrrell e Chapman. Trova da ridire con il fondatore della Lotus che non lo utilizza a tempo pieno. 

Parte per un’avventura con team minori, riesce a farli conoscere.
Maranello gli fa un’offerta e l’ex centauro accetta, ponendo fine a un periodo difficile nel 1963, aggiudicandosi il GP di Germania e quello del Mediterraneo (non valido per il campionato). L’anno dopo conquista il casco iridato: parte delmerito va a Bandini che lo aiuta in Messico obbedendo agli ordini di scuderia.
Surtees ha anche un incidente terribile guidando nel marzo ’65 una Lola T70 a Mosport. Le sue condizioni restano gravi per qualche giorno, però recupera e in un paio di mesi è di nuovo in pista. Anche con Ferrari ha un rapporto difficile, concluso con una rottura di contratto improvvisa dopo le prime due gare 1966. “Poteva essere-racconta Ferrari-campione per la seconda volta. Ma avava atteggiamenti polemici nei confronti di Bandini, di Dragoni e dei tecnici del reparto corse”

 

 SCHEDA PILOTA

John Surtees: nato a Tatsfield l'11 febbraio 1934
Vittorie con la Ferrari:
4
Pole Position:
4



Jacky Ickx

Il Re del Bagnato 

Ragazzo prodigio dell’automobilismo, imbattibile sul bagnato. Ma anche Jacky Ickx, belga, figlio di un noto giornalista sportivo, in 14 campionati di F1 non riesce a vincere un titolo. 
Partecipa a 116 gare, con 8 primi posti e 13 pole position, correndo per nove diverse scuderie dal 1966 al ’79. A 21 anni, dopo una serie di successi nel campionato turismo, è chiamato da Ken Tyrell a partecipare al Gp di Germania.
Poi una stagione di transizione e l’approdo in Ferrari. Dice il costruttore:”Ickx, un connubio di ardimento e di calcolo”. Alla sua quinta corsa con la 312/68 domina a Rouen il Gp di Francia. E’ –a 22 anni- il più giovane vincitore di sempre, insieme all’americano Troy Ruttman e a Bruce McLaren.
Ickx accetta un’offerta della Brabham per il ’69, ma torna a Maranello per quattro stagioni consecutive. Jacky lotta subito per il titolo, però trova un ostacolo insormontabile nello sfortunato Jpochen Rindt. L’austriaco, dopo aver vinto cinque gare con la Lotus, muore in prova a Monza. 

Il titolo gli viene assegnato alla memoria. Al belga sono tuttavia legate memorabili affermazioni con le vetture Sport: cinque Le Mans, Daytona, Sebring, Brands Hatch, Osterreich Ring e Watkins Glen solo nel 1972.Continua poi l’attività fino ai giorni nostri partecipando ai raid africani. 
 

 SCHEDA PILOTA

Jacky Ickx: nato Ixelles (Belgio) l’ 1 gennaio 1945 
Vittorie con la Ferrari:
6
Pole Position:
11



Mario Andretti

L’emigrante dei due mondi 

Coraggioso e generoso, serio professionista è Mario Andretti, istriano d’origine, idolo d’America. Salito anche alla gloria di Indianapolis. 
Per anni fu impossibile averlo in esclusiva perché guadagnava cifre astronomiche negli Usa. “A lui ho subito pensato nel 1977 come pilota del dopo Lauda , ma con molto rammarico per entrambi non si riuscì a trovare un accordo.
E’ diventato diventato campione del mondo non su una Ferrari e questo dispiace a me , quanto a lui e ai tanti suoi sostenitori”, scrive Enzo Ferrari. Emigrante con la famiglia negli Usa, inizia a correre con il fratello gemello Aldo. E vince tutto, campionati e la prestigiosa Indy 500. 
A portarlo in F1 è la Lotus, però Mario continua a frequentare circuiti americani. Tanto è vero che quando lo chiama Ferrari, per due stagioni , non scende in pista in tutte le prove del Mondiale di F1. Ma “Piedone”, così era soprannominato dai tifosi, lascia subito l’impronta, vincendo la prima gara cui partecipa, il Gp del Sud Africa nel 1971. 

Nel’72 si aggiudica quattro prove con le vetture Sport. Nel’78 è campione del mondo con la Lotus. Torna a guidare una monoposto di Maranello nel difficile 1982: pole position a Monza, poi è terzo. 
 

 SCHEDA PILOTA

Mario Andretti: nato a Montona (Trieste) il 28 febbraio 1940 
Vittorie con la Ferrari:
1
Pole Position:
1



Carlos Reutemann

Il pilota “tormentoso e tormentato”  

Lo chiamano “il gaucho triste”. Carlos Reutemann appare come uno dei piloti più enigmatici degli anni ’70. Velocissimo, dotato di classe naturale, l’argentino stupisce tutti perché non riesce a conquistare un titolo mondiale. 
Inizia l’attività con vetture turismo e diventa ben presto il più promettente corridore sudamericano nella Temporada di F2. I successi gli consenrono di essere scelto dall’Automobile Club che lo sponsorizza per una stagione in Europa con la Brabham.
Quando Ecclestone acquista la scuderia inglese, blocca Reutemann dal 1972. Con lo stesso team Carlos conquista tre successi nel ’74 e uno l’anno seguente. 
Dopo un campionato di transizione, il pilota firma un accordo con Enzo Ferrari che lo definirà poi “tormentoso e tormentato”. Nel 1977 trova un ostacolo insormontabile nel compagno di squadra Lauda. Quando l’austriaco lascia Maranello, Reutemann potrebbe aggiudicarsi il Mondiale ’78 (tre vittorie) ma patisce la concorrenza interna dell’emergente Villeneuve e la lotta con le Lotus di Andretti e Peterson. 

Può ancora vincere il titolo nell’81 alla Williams ma lo perde all’ultima gara con una prestazione opaca. Abbandona le corse e si dà alla politica. 

 

 SCHEDA PILOTA

Carlos Reutemann: nato a Santa Fè (Argentina) il 12 aprile 1942 
Vittorie con la Ferrari: 5
Pole Position:
2



Jody Scheckter

Il sudafricano che mandò Monza in delirio 

Irruente al debutto in F1, Jody Scheckter diventa con il passare del tempo uno dei piloti più affidabili e costanti della sua generazione. Il sudafricano inizia con i kart a 12 anni. Determinato, ha un obiettivo: correre in Europa. 
La fortuna lo accompagna. Con una Formula Ford, vince un concorso titolato “Driver to Europe”, una specie di borsa di studio che consente ai giovani di fare un anno di esperienza in Inghilterra. Si mette subito in evidenza.
La McLaren gli offre il debutto in F1. il 1973 è per Scheckter un anno a due facce: si aggiudica il campionato in Formula 5000 negli Usa e in cinque GP ne combina di tutti i colori, innescando fra l’altro a Silverstone una paurosa carambola che mette fuori uso nove vetture.
Il coraggio di Jody incuriosisce Tyrrell che lo ingaggia. Due vittorie e terzo posto nel mondiale. Un successo nella stagione 1975. Un altro nel ’76, con una vettura a sei ruote. Il sudafricano accetta anche la sfida del costruttore Walter Wolf. Con la vettura del magnate vince la prima corsa e si aggiudica anche i GP di Montecarlo e del Canada.

Nel 1979 arriva a Maranello e con l’aiuto di Villeneuve conquista il titolo a Monza. L’anno dopo è un fiasco. Si ritira e mette in piedi un’industria di tecnologia per la sicurezza. Ora è multimilardario 

 SCHEDA PILOTA

Jody Scheckter: nato a East London (Sud Africa) il 22 agosto 1950 
Vittorie con la Ferrari:
3
Pole Position:
1



Renè Arnoux

"Quelle “sportellate” con Villeneuve 

Nel 1983, ormai famoso anche per un duello ruota a ruota con Villeneuve a Digione (lui con la Renault e il canadese con la Ferrari tengono con il fiato sospeso milioni di spettatori davanti alla TV), 
Arnoux arriva alla Ferrari accanto al connazionale Tambay. Il piccolo Renè viene dalla gavetta. Coltiva la sua passione per le automobili da corsa lavorando come garzone d’officina a Torino dal preparatore Conrero.
Nel ’72 si iscrive alla scuola di pilotaggio Elf e comincia subito a vincere a mani basse. Fra l’altro conquista due titoli dell’Europeo di Formula Renault. Il debutto in F1 avviene in sordina perché la Martini-Ford che guida non è competitiva.
Ma la Renault non si lascia scappare il suo pilota. Dal 1979, per quattro anni, il francese si conferma fra i corridori più veloci, vincendo quattro corse. Due stagioni a Maranello sono dolci-amare per Arnoux. Conquista le simpatie dei tecnici e dei meccanici e disputa alcune prove favolose. Ottiene anche tre affermazioni nella prima stagione: Montreal, Hockenheim e Zandwoort. Contribuisce al successo della Ferrari nella classifica costruttori. 

A Dallas parte ultimo, arriva 2°. Agli inizi dell’85, appare demotivato: Ferrari lo induce ad accettare la separazione consensuale. Corre sino al 1989 in Ligier. 

 

 SCHEDA PILOTA

Renè Arnoux: nato a Pontcharra (Francia) il 4 luglio 1948
Vittorie con la Ferrari:
3
Pole Position:
4



Gerhard Berger

96 corse con il cavallino: un primato 

Gerhard Berger è il pilota che, in assoluto, ha corso di più con la Ferrari in F1. in due riprese (1987-89 e 1993-95) ha disputato 96 gare. Corridore affidabile, molto veloce, l’austriaco in due occasioni 
ha posto fine a un lungo periodo di assenza delle vetture di Maranello dal gradino più alto del podio. Nel finale della stagione ’87 quando si aggiudicò i GP del Giappone e d’Australia (l’ultimo successo risaliva a quello di Germania ’85) e nel ’94 quando trionfò ad Hockenheim (dopo quasi quattro anni).
Nel suo albo d’oro anche uno splendido successo nel GP d’Italia a Monza (1988). Berger, a differenza della maggioranza dei piloti delle generazioni attuali, non comincia con i Kart, ma con il Trofeo Alfasprint nel 1981. 
Passa alle ruote scoperte e, dopo un breve tirocinio in F3, grazie anche alle buone relazioni con la Bmw, debutta in F1 con l’Ats. Passa alla Arrows e poi alla Benetton, squadra nella quale si aggiudica la sua prima vittoria in Messico con una monoposto che monta gomme Pirelli. I buoni risultati gli portano un contratto con la Ferrari. 

Ha un calo nel 1989, anno in cui è protagonista di un terribile incidente a Imola: un pizzico di fortuna e il pronto intervento dei soccorritori limitano i danni. Tre stagioni in McLaren con Senna e poi ancora Benetton. Sempre fra i migliori.
 

 SCHEDA PILOTA

Gerhard Berger:  nato a Woergl (Austria) il 27 agosto 1959 

Vittorie con la Ferrari: 5
Pole Position:
7



Alain Prost

Record di vittorie in F1 

Il professore. Vince quattro titoli mondiali, secondo solo a Fangio. Detiene il primato delle vittorie in F1: ne accumula 51 in 13 anni di attività. Nel suo albo d’oro ci sono 2712 giri in testa per 12.616 km. 
Alla Ferrari giunge nel 1990 dopo aver conquistato tre caschi iridati, nel pieno della maturità agonistica. Trova una vettura molto competitiva e una squadra altamente professionale. Nella stessa stagione, pur senza mai volare in pole position, ottiene cinque primi posti. Alla seconda gara si aggiudica il GP del Brasile. 
E inizia l’ennesimo serrato duello con Senna. Prost ha come compagno nella Scuderia il coriaceo Mansell, che non si piega ai giochi di squadra. E in Portogallo, nel momento cruciale della stagione, l’inglese, che parte “al palo”, stringe contro il muretto dei box il francese. Mansell va a vincere ma Senna soffia il secondo posto a Prost, portando via punti preziosi. Quando si arriva all’ultima prova, in Giappone, il brasiliano, bruciato da Alain al via, provoca volontariamente una collisione.

Entrambi finiscono fuori pista e Ayrton ha il mondiale in tasca. 
L’anno dopo la Ferrari non è più così competitiva. Prost sparla di Maranello ed è lasciato libero alla penultima corsa. Abbandona e rientra nel ’93 per aggiudicarsi il titolo con la Williams. 
 

 SCHEDA PILOTA

Alain Prost: nato a Lorette-St.Chamond (Francia) il 24 febbraio 1955 
Vittorie con la Ferrari:
5
Pole Position:
0



Eddie Irvine

L’irlandese senza paura 

Il debutto di Eddie Irvine in F1 è contrassegnato da un episodio che tutti ricordano. Alla prima gara, a Suzuka, in Giappone, si piazza al sesto posto e conquista il suo primo punto. 
Ma in corsa si esibisce in sorpassi azzardati, non ha timori reverenziali neppure nei confronti di Damon Hill e Ayrton Senna. Pur essendo staccato di un giro, supera all’esterno il brasiliano per sdoppiarsi, e lo manda su tutte le furie.
Senna vince ma alla fine va ai box dell’irlandese e l’episodio si conclude con una lite. Irvine non si impressiona: ha un carattere solido, è un pilota disincantato che pensa in concreto. Il padre, commerciante di automobili, lo spinge alle corse. 
Nel 1983, a 18 anni, Eddie è in Formula Ford, quattro stagioni dopo è campione britannico. Diventa un giramondo dei motori. Dalla F3000 (con due stagioni in Giappone) alla 24 Ore di Le Mans, dove con una Toyota stabilisce un record sul giro. Il costruttore Jordan diventa il suo trampolino di lancio e Irvine, pur con una vettura non molto competitiva, fa ancora vedere doti di combattente. 

Nel 1996 raggiunge la Ferrari per fare la spalla a Schumacher. Il suo compito è preciso e l’irlandese lo svolge con diligenza. Prende punti per la Scuderia, sale diverse volte sul podio, lavora nei test. Una garanzia. E’ nel 1999 che conquista la sua prima vittoria, sul circuito di Melbourne in Australia. Dopo l’incidente di Schumacher a Silverstone le speranze mondiali della Ferrari ricadono su di lui. Vincerà altre 3 gare (Germania, Austria e Malesia) e salirà molte volte sul podio, ciò non basterà per portalo alla conquista del casco iridato ma i suoi successi saranno decisivi per la conquista del campionato marche da parte della Scuderia di Maranello. Dal 2000 è alla Jaguar-Ford. 
 

 SCHEDA PILOTA

Eddie Irvine: nato a Newtownards (Irlanda del nord) il 10 novembre 1965 
Vittorie con la Ferrari:
4
Pole Position:
0

 

Link:
Ferrari F1 dal 1950
Pag.1

Schede Tecniche Ferrari
Pag.2



Inizio pagina




Questo è un sito-blog personale non a scopo di lucro.

Si propone di rivivere alcuni frammenti storici della F1:
 quella dove la guida delle monoposto apparteneva ai piloti,
su piste che oggi giudicheremmo assurde, circuiti disegnati
 dal computer piuttosto che dal cuore.
 Riproduzione Vietata